Ospedali in affanno, sanità impoverita da troppi anni di malgoverno: è ora di invertire la rotta

Sanità italiana davanti al baratro. A corto di personale nel 91,7% dei casi e di posti letto nel 70,8%. Gli ospedali italiani sono in affanno tra Covid, Long Covid e gli altri pazienti che tornano a bussare alle loro porte. A fotografare lo stato di affanno della rete ospedaliera italiana nell’era post-emergenza è la survey lanciata da Fadoi, la Federazione dei medici internisti ospedalieri, che hanno in carico il 70% dei pazienti Covid, illustrata al congresso della Federazione a Roma. Omicron o non Omicron, il Long Covid continua a perseguitare anche dopo la guarigione 1 paziente su 10. Ma nel 50% dei casi i servizi dedicati per prestare loro assistenza sono ancora insufficienti. Anche perché la fine dello stato di emergenza non avrà cancellato il virus, ma ha ridotto la paura nei suoi confronti.
E’ sempre il Long Covid a preoccupare
E quindi gli assistiti sono tornati a bussare alle porte degli ospedali, mettendo a nudo i problemi di sempre. I quali comprendono, oltre la carenza di personale e di posti letti, anche le difficoltà organizzative (75%). Il tutto con le problematiche poste dalla necessità di conciliare i percorsi dei pazienti Covid con quelli non Covid, che comunque distraggono personale e letti, mettendo in difficoltà il 70,8% delle strutture. Per il Long Covid nel 58,3% degli ospedali i pazienti che non si liberano dei postumi dopo essersi negativizzati sono tra il 5 e il 10%. Nel 29,2% tra il 10 e il 20%, mentre solo il 12,5% è sotto la quota del 5%. In media quindi un paziente su dieci ne è afflitto, ma nel 50% degli ospedali i percorsi dedicati all’assistenza dei pazienti Long Covid non sembrano essere sufficienti rispetto ai bisogni.

Stanchezza cronica il principale sintomo del Long Covid
Mentre nel 12,5% delle strutture non è stato attivato alcun servizio, invece presente e in grado di rispondere efficacemente alla domanda di assistenza nel 37,5% degli ospedali. Il sintomo più diffuso resta quello della stanchezza cronica, accusata dal 91,7% dei pazienti affetti da Long Covid. Seguito dalle difficoltà respiratorie (62,5%), la cosiddetta “nebbia cerebrale”, che rende difficile mettere ordine nei pensieri e concentrarsi nelle attività lavorative o di studio. Questa colpisce il 58,3% dei pazienti. Problemi cardiaci sono rilevati nel 29,2% di loro, mentre il 25% accusa problemi di natura neurologica. L’età media nel 70,8% dei casi è compresa tra i 30 e i 60 anni. Praticamente non rilevati gli under 30, mentre in oltre il 29% dei casi si tratta di over 60, con una quota di circa il 5% di ultraottantenni.
Sanità definanziata per troppi anni
In circa l’87% delle strutture con la variante Omicron è rimasta invariata la percentuale di pazienti Long Covid, mentre nel 12,5% delle strutture si è osservato persino un aumento dei casi. Tra pazienti che cercano di recuperare interventi e ricoveri saltati nella pandemia, gli ospedali sono sempre più con il fiato corto. Mostrando le ferite inferte da anni di definanziamento della sanità, con percentuali schiaccianti di strutture che denunciano buchi in pianta organica, mancanza di letti, difficoltà organizzative. Con uno 0% tondo tondo che dichiara di essere a posto. “A fronte di questo quadro – afferma Dario Manfellotto, presidente Fadoi – l’ospedale va ripensato secondo la cosiddetta progressive patient care, un modello che raggruppa i malati non più per singola specialità medica ma in base al grado di intensità di cura della quale necessitano”.
“Alla missione salute il Pnrr destina complessivamente oltre 20 miliardi, 8,6 destinati agli ospedali a alla loro innovazione tecnologica. I soldi ci sono. Però – conclude Manfellotto- il piano finanzia tecnologie e strutture ma non può avere un’anima, e per averla serve una riorganizzazione del Ssn, a partire dall’ospedale del futuro, individuando le giuste sinergie con il territorio. Una progettualità, al momento, ancora insoddisfacente”.