Ostia, la “stangata” dei canoni salta: il lido dei vip vince e Roma dovrà restituire il maltolto (con interessi) agli ex gestori
Ostia, la partita giudiziaria dell’ex stabilimento dei vip (Ostia Levante) si conclude con un nuovo capitolo giudiziario che chiude, molto probabilmente, l’intricata vicenda. Con una sentenza pubblicata nel tardo pomeriggio di mercoledì 26 novembre, il Tar del Lazio ha preso atto che il nocciolo della vicenda è già stato definito dal Tribunale civile di Roma. Traduzione pratica: il verdetto che ha giudicato “sbagliati” i canoni richiesti dall’amministrazione capitolina – Campidoglio e Municipio X – agli ex gestori dello stabilimento, resta la bussola, e per Roma (attraverso gli uffici competenti, in primis quelli del Municipio X) è tempo di restituire agli ex gestori circa 400mila euro. A pagare, ovviamente, come al solito, saranno però i cittadini di Roma.
Da 43mila a oltre 80mila: come sono lievitati i canoni (e perché)
Il contenzioso nasce dopo un’ispezione del 2016: fino al 2015 il canone era attorno ai 43mila euro, poi gli importi richiesti al concessionario iniziano a salire anno dopo anno (73mila nel 2016, 85mila nel 2017-2018, 87mila nel 2019, oltre 80mila nel 2020). La società P. (famiglia D. M.) contesta i conteggi: secondo la tesi accolta dal giudice civile, le richieste si basavano anche su opere “di facile rimozione” e su classificazioni più onerose.
Il verdetto civile: “canoni illegittimi”, rimborsi per circa 400mila euro
Il Tribunale civile di Roma, con decisione dell’11 maggio 2025, ha dato ragione agli ex concessionari: Roma Capitale e Agenzia del Demanio sono state condannate a restituire quanto incassato in eccesso (circa 375mila euro per i canoni 2016-2020, più spese legali, per un totale oltre 400mila). Non è solo una storia da jet set: sono soldi pubblici che escono dalle casse dopo anni di carte bollate, e che potevano essere evitati con conteggi trasparenti e verifiche rapide.
Il retrobottega giuridico: la “definizione agevolata” e il braccio di ferro sui calcoli
Nel ricorso amministrativo, la società che gestiva lo stabilimento dei vip, contestava anche il diniego alla definizione agevolata prevista dal “Decreto Agosto” 2020 per chiudere le liti sui canoni: la norma consente di definire i procedimenti pagando una quota ridotta (30% in unica soluzione, oppure 60% rateizzato, al netto di quanto eventualmente già versato). Il punto caldo, in tutta Italia, è come calcolare quella percentuale: sul totale richiesto o sul residuo? Un tema tutt’altro che tecnico, perché sposta migliaia di euro e può premiare chi non ha pagato rispetto a chi ha pagato in parte.
Perché interessa a tutti: concessioni, spiagge libere e contenziosi “a cascata”
Ostia non è un caso isolato. Il contenzioso sui canoni può trasformarsi in un boomerang per i cittadini: più errori di calcolo significano più cause e più risarcimenti (oltre alle spese legali). Nel Municipio X, i dati ufficiali indicano circa 13,1 km di arenili fruibili: il “libero certificato” supera il 50%, mentre il resto è in concessione. Dentro l’elenco compare anche “Stabilimento P. srl – V-L.”, con un canone 2023 indicato in oltre 62mila euro: numeri che mostrano quanto sia cruciale la correttezza delle tariffe.
Vademecum utile: cosa chiedere (subito) per evitare nuove “stangate” e nuovi rimborsi
Qui la pubblica utilità è semplice: servono regole chiare e accessibili. Tre mosse concrete: 1) pubblicare i criteri di calcolo e le schede tecniche (superfici, pertinenze, opere removibili/non removibili) in formato leggibile; 2) creare un contraddittorio rapido prima degli aumenti (così si evita di incassare oggi e restituire domani con interessi); 3) usare davvero gli strumenti “deflattivi” del contenzioso, quando previsti, con conteggi verificabili. Perché ogni euro calcolato male, alla fine, lo pagano tutti. Tutti i romani, non il Campidoglio o il Municipio X.