Ostia, lo stabilimento Atac-Cotral non pagherà la maxi concessione: il Tribunale bacchetta il Campidoglio

Ostia, lo stabilimento dopolavoro Atac-Cotral, foto del Dopolavoro Atac Cotral

Contenuti dell'articolo

Una battaglia legale durata anni si è conclusa con una sonora sconfitta per Roma Capitale. Il Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio ha annullato la richiesta del Comune che imponeva all’Associazione Dopolavoro Atac-Cotral che gestisce uno stabilimento sul litorale romano di Ostia il pagamento di un maxi canone demaniale da oltre 50 mila euro per il solo anno 2020. Una decisione che ribalta completamente l’impostazione del Campidoglio e che mette in luce gravi lacune istruttorie nella gestione della concessione.

L’origine del contenzioso

Tutto nasce dal provvedimento del 15 dicembre 2020 (sindaco Gualtieri, mini-sindaco Falconi) con cui gli uffici comunali avevano rideterminato il canone demaniale marittimo relativo allo stabilimento di Ostia, chiedendo all’associazione il versamento di 50.180,63 euro. Una cifra calcolata sulla base di opere e strutture considerate “pertinenze demaniali”. L’associazione ha immediatamente contestato la pretesa, sostenendo che quelle opere non fossero mai state acquisite dal Comune e fossero invece di proprietà del concessionario.

La contestazione dei conteggi

Secondo i giudici amministrativi, le obiezioni mosse dall’Associazione si sono rivelate fondate. Roma Capitale avrebbe infatti computato come pertinenze pubbliche strutture private realizzate e mantenute dal concessionario, senza che vi fosse mai stato un passaggio formale allo Stato o all’ente locale. Inoltre, il calcolo del canone sarebbe stato effettuato senza distinguere le aree realmente adibite ad attività commerciale da quelle di uso diverso, gonfiando artificiosamente l’importo richiesto.

Un difetto di istruttoria evidente

Il Tribunale ha stigmatizzato con toni netti l’operato degli uffici comunali, evidenziando un grave difetto di istruttoria. La misurazione delle superfici sarebbe avvenuta in modo unilaterale, senza alcun contraddittorio con il concessionario. Una scelta che ha compromesso la legittimità dell’intero procedimento e che ha spinto i giudici ad annullare l’atto impugnato. L’assenza di dialogo e di verifiche condivise è stata ritenuta in contrasto con i principi di buona amministrazione e di leale collaborazione.

Il nodo delle pertinenze

Il cuore della sentenza ruota attorno alla qualificazione delle opere insistenti sull’area. Per il Comune si trattava di pertinenze demaniali da includere nel calcolo del canone; per i giudici, invece, quelle strutture non erano mai transitate nel patrimonio pubblico e dunque non potevano incidere sull’importo. La continuità della concessione, che non si è mai interrotta, ha impedito l’applicazione del meccanismo previsto dal Codice della Navigazione sull’acquisizione automatica delle opere allo Stato.

La decisione del Tar

La sentenza del 16 maggio 2025 ha accolto il ricorso dell’Associazione, annullando in toto la richiesta di pagamento. Roma Capitale, l’Agenzia del Demanio e il Ministero dell’Economia, pur costituitisi in giudizio, non sono riusciti a convincere il Collegio della bontà delle loro argomentazioni. Il TAR ha dunque bacchettato il Campidoglio, invitandolo a un eventuale nuovo esercizio del potere, ma solo entro i confini tracciati dalla decisione.

Le conseguenze della pronuncia

L’impatto della sentenza è dirompente: la maxi-concessione richiesta dal Comune non dovrà essere corrisposta. Per l’amministrazione capitolina si tratta di una battuta d’arresto che rischia di aprire la strada ad altri ricorsi simili, mettendo in discussione il sistema di calcolo dei canoni sulle concessioni demaniali marittime. La decisione sottolinea la necessità di procedure più trasparenti, fondate su valutazioni precise e su un confronto diretto con i concessionari.

Un segnale per il futuro

Pur lasciando impregiudicata la possibilità per Roma Capitale di ricalcolare il canone, la sentenza pone un paletto chiaro: non è possibile imporre oneri basati su criteri arbitrari o su presupposti giuridicamente infondati. La compensazione delle spese di lite, decisa dal TAR, chiude una vicenda che rappresenta un monito per le amministrazioni pubbliche. Ostia, ancora una volta, diventa teatro di un caso emblematico sul rapporto tra gestione pubblica e diritti dei concessionari. Il Campidoglio ha, in ogni caso, facoltà di presentare ricorso al Consiglio di Stato contro tale sentenza.