Ostia, muore per shock anafilattico dopo una puntura: indagati 3 medici del CpO
Massimo Gialli, 68 anni, aveva un solo obiettivo: tornare a camminare dopo un terribile incidente, una caduta in piscina che lo aveva reso paraplegico. Ma un’iniezione di penicillina, somministrata senza verificare un’eventuale allergia, potrebbe aver stroncato definitivamente questo sogno. Tre medici del Centro paraplegici Ostia (CpO) sono ora indagati per omicidio colposo dopo la morte del pensionato, deceduto lo scorso 1° novembre all’ospedale Grassi di Ostia, dove era stato portato in extremis nel tentativo di salvarlo.
Le risposte dall’autopsia
L’autopsia sarà effettuata domani al policlinico Tor Vergata su disposizione del pm Pierluigi Cipolla, che ha aperto un’inchiesta per fare luce sulle responsabilità dei sanitari. Il medico legale incaricato, Giulio Sacchetti, avrà 90 giorni per esaminare i fatti e presentare le sue conclusioni. Presenti al conferimento dell’incarico anche la moglie di Gialli, Gianna Giovannini, e il fratello del defunto, che cercano risposte su cosa sia realmente accaduto.
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Una lunga storia di dolore e speranza
Per Gialli, la tragedia è solo l’ultimo capitolo di una vita piena di sfide. Ad agosto, mentre era in vacanza con la moglie in un agriturismo vicino Siena, aveva subito un grave incidente: caduto in piscina, si era provocato un edema che aveva portato alla paralisi degli arti. La diagnosi, per quanto dura, lasciava però uno spiraglio di speranza: con un lungo percorso di fisioterapia, avrebbe potuto tornare a camminare.
Dalla speranza al dramma finale
Dopo settimane di cure in una clinica specializzata, i segnali di miglioramento erano lenti ma incoraggianti. Il 4 ottobre, Gialli era stato trasferito al CpO di Ostia per proseguire il percorso di riabilitazione e tornare finalmente a casa. Tra fatiche e progressi, la speranza si alimentava. Poi, però, il 31 ottobre, l’iniezione di penicillina cambia tutto: in pochi istanti, la sua salute precipita. Trasferito d’urgenza al Grassi, non c’è più nulla da fare.
L’ipotesi della Procura è che lo shock anafilattico sia stato scatenato proprio dall’antibiotico somministrato senza le dovute verifiche. Un errore che, se confermato, avrebbe stroncato una vita già duramente provata, lasciando solo domande e un senso di ingiustizia.