Non chiamate “padre” il carnefice di Saman Abbas

Saman Abbas padre

Non chiamatelo padre, l’assassino di Saman Abbas. Quella vergogna di uomo che ha ucciso la figlia perché non accettava un matrimonio combinato, è finalmente in un carcere italiano. Il Pakistan lo ha estradato e questo è indubbiamente un successo delle autorità italiane.

Ora, anche questo essere vergognoso sarà processato e gli auguriamo di cuore di stare in galera per tutta la vita, qui da noi o nel suo Paese che sia, ma deve pagare la pena per un delitto atroce.

Saman Abbas, carnefice non padre

Saman Abbas uccisa per amore, che non era quello dei suoi genitori, a partire da un padre scellerato.

Anche Matteo Salvini è stato durissimo: “Se riconosciuto colpevole di aver ordinato l’omicidio della povera figlia, che voleva vivere felice in Italia senza sottostare a inaccettabili costrizioni islamiche, carcere a vita per questo maledetto”. E l’esportazione arriva anche dal leader della Lega: “Non chiamatelo padre”.

È sensibilità comune l’avversione a riti tribali e a chi li esegue. Ai giudici la decisione: non deludano chi ha sofferto per quel brutale assassinio. In Italia siamo stati in tantissimi ad esserne sconvolti.

In America lo accopperebbero. Da noi non c’è la pena di morte e questo è perché siamo molto più civili di gente del genere. Ma nessuno si metta ad invocare clemenza per rispetto delle leggi islamiche, perché davvero esploderebbe la rabbia popolare.

Ci vuole il carcere a vita

Massacrare la figlia in quel modo, nelle campagne di Novellara in provincia di Reggio Emilia, è indegno e nessuna pratica “religiosa” può giustificare un’autentica esecuzione.

All’appello ora manca ancora la madre, latitante. Ma la sentenza – prevista per ottobre nel processo in corso – riguarderà anche lei. E non potrà esserci alcuna pietà.

Di Saman Abbas nascosero anche il corpo martoriato, per far credere che fosse fuggita chissà dove. Un piano predeterminato che merita la sanzione del carcere a vita.

Sarà giustizia, non vendetta.