Pakistan, malato di mente brucia il Corano in piazza: linciato dalla folla

Pakistan, Islamabad

In Pakistan, un uomo accusato di blasfemia è stato lapidato e ucciso dalla folla inferocita per aver dissacrato il Corano in un remoto villaggio del Paese. Il custode di una moschea locale ha raccontato di aver visto l’uomo bruciare il libro sacro musulmano all’interno della moschea lo scorso sabato e di averlo detto ad altre persone prima di informare la polizia, riporta la Bbc.

Le violenze che hanno portato alla morte dell’uomo sono avvenute in un villaggio nel distretto di Khanewal, nella provincia del Punjab. La polizia si è precipitata sul posto, arrivando però quando era ormai troppo tardi. L’agente Mohammad Iqbal e due subordinati hanno cercato di prendere in custodia l’uomo, ma il gruppo ha iniziato a lanciare pietre anche contro di loro, ferendo gravemente due ufficiali. Non si tratta del primo caso, ci sono altri drammatici precedenti, in proposito.

Cristiani perseguitati in Pakistan

Secondo AsiaNews sono senza fine le molestie e le vessazioni nei confronti dei cristiani in Pakistan. A differenza del nostro Paese, dove la religione cristiana viene irrisa perfino al Festival di Sanremo. La vedova Rifat Rani e i suoi figli sono perseguitati dai vicini musulmani da oltre sei mesi e sono riusciti a ottenere l’intervento di un tribunale solo dopo essersi rivolti all’organizzazione Human Rights Focus Pakistan.

Un tribunale specializzato in reati informatici di Rawalpindi, nel Punjab (Pakistan) ha condannato a morte la 26enne Aniqa Atiq con l’accusa di blasfemia. Alla giovane sono stati comminati anche 24 anni di galera e una multa di 200mila rupie (circa 1.100 euro). Dall’inizio dell’anno è già la seconda volta che i giudici comminano la pena capitale in due diverse vicende, sempre con l’accusa di blasfemia: nei giorni scorsi, infatti, un cristiano considerato il prigioniero di più lungo corso per questo tipo di accusa, si è visto commutare la condanna all’ergastolo in condanna a morte.

Una 26enne condannata a morte per blasfemia

La donna è stata arrestata nel maggio del 2020 e incriminata per aver postato “materiale blasfemo” (rappresentazioni di personalità religiose islamiche) nel proprio status di WhatsApp. Un amico, Hasnat Farooq, le aveva suggerito di cancellare in tutta fretta le foto, ma Aniqa invece di accondiscendere alla sua richiesta gli avrebbe inoltrato le stesse immagini utilizzando l’app. A quel punto l’amico ha sporto denuncia all’unità speciale contro i crimini informatici della polizia pakistana. Alcune fonti non confermate riferiscono di un interessamento del giovane che, sentendosi respinto, si sarebbe vendicato usando questo pretesto.