Pamela grida ancora giustizia e noi gridiamo insieme a lei

mafia nigeriana, Pamela

Giustizia per Pamela Mastropietro: la chiede Alessandra Verni, mamma della 18enne romana che nel gennaio 2018 a Macerata è stata violentata, uccisa, fatta pezzi e messa in un trolley, ha lanciato un accorato appello al Presidente Mattarella e al ministro della Giustizia Nordio.  

Mercoledi 25 gennaio si terrà infatti la prima udienza del processo di appello bis a Innocent Oseghale: «C’è il rischio che gli venga tolta l’aggravante della violenza sessuale alla condanna all’ergastolo e ciò non deve accadere». Alessandra Verni ha raccontato al Corriere della Sera quello che molti hanno omesso di raccontare.

La mamma di Pamela chiede di cercare i complici del killer nigeriano

E cioè Oseghale non era solo quando nel suo appartamento di Macerata compì quell’infame strazio sulla diciottenne romana. Aveva dei complici, che non hanno ancora pagato per quel delitto.

«Ci sono due persone che non sono state ancora tirate in ballo – denuncia la mamma di Pamela – africani come Oseghale. che faceva parte di una banda di pusher provenienti da Gambia e Nigeria. C’è il loro dna, di uno di loro sul corpo di Pamela, e anche su uno dei trolley dove è stata chiusa dopo l’omicidio. Dopo essere andata al Quirinale e al ministero ho un po’ più di speranze sul nuovo processo. Voglio piena giustizia, non una parte».

L’appello bis giovedì 25 gennaio

Per il 33enne pusher nigeriano è stata riconosciuta l’accusa di omicidio, del quale è stato giudicato colpevole. Diversa invece la situazione per l’accusa di violenza sessuale, sulla quale invece vi sarà appunto l’appello bis. Gli avvocati difensori di Oseghale si sono dichiarati soddisfatti per la decisione e per il conseguente nuovo appello.

Sanno che se il loro assistito riuscisse a evitare la condanna per violenza sessuale, la pena verrebbe ricalcolata. A quel punto, le porte del carcere potrebbero riaprirsi clamorosamente in anticipo.

Una eventualità che ha indignato la famiglia di Pamela e di quanti sostengono la battaglia Alessandra Verni. Una battaglia condotta nei modi più disparati, anche con i cartelloni portati davanti al Palazzo di Giustizia nel febbraio dello scorso anno, in occasione della sentenza della Cassazione. Uno dei cartelli recitava: “Pamela grida giustizia e noi siamo la sua voce”.

E noi gridiamo assieme a loro.