Peggio del coro per Draghi alla “Titì nun ce lascià” c’è solo l’ingerenza di Usa e Ue nei fatti italiani

Draghi

“Sventurata la terra che ha bisogno di eroi”, sosteneva Bertolt Brecht. Ma pure la nazione che non sopravvive senza Draghi sta messa male. Il dibattito sull’essenzialità del presidente del Consiglio tiene banco dopo che alcuni sindaci e governatori (Gualtieri e Sala in testa) hanno firmato una petizione per far restare al suo posto Mario Draghi.

In verità, questi peana per l’ex governatore della Bce fanno sorridere, visto che lo stesso Sala è arrivato a dire che “nessuno può sostituire Mario Draghi”. Addirittura, in alcune città d’Italia, i renziani stanno organizzando volantinaggi affinché Draghi resti a Palazzo Chigi. Il che è comprensibile, perché è l’unica garanzia affinché i renziani in restino in Parlamento, ma questa è un’altra storia.

Suona altrettanto bislacco il video appello di Brugnaro di Coraggio Italia, promosso con lo stesso spirito e, potremmo malignare, con identiche motivazioni. Appelli, petizioni, volantinaggi che assomigliano a una mitica scena di un film degli anni ’70 con Sordi e Manfredi. “Titì nun ce lascià” cantavano gli indigeni allo stregone Nino Manfredi che stava per fare ritorno in Italia. Il film aveva il chilometrico titolo: “Riusciranno i nostri eroi a ritrovare l’amico misteriosamente scomparso in Africa”. A differenza della pellicola di Ettore Scola, i capi tribù del villaggio Italia si accalcano invece in Parlamento sperando in un ripensamento del loro stregone.

Il parallelo con l’Africa coloniale ci sta tutto, visto che anche noi siamo colonia. Lo ha sottolineato con pugente ironia Mario Adinolfi in queste ore. «Quel che impressiona – ha scritto su Twitter il giornalista – è che nessuno ha fatto una piega per Boris Johnson dimissionario, nessuno Stato straniero s’è permesso di far pressioni per farlo restare “perché c’è la guerra”. Nessuno oserebbe con Londra. Ma a Roma siamo colonia e chi ci comanda pretende che Draghi resti».

Le interferenze che arrivano da Bruxelles e Washington sono infatti sotto gli occhi di tutti, senza che nessuno abbia avuto un sussulto d’indignazione. Guai, infatti, a uscire fuori dal coro (quasi) unanime intonato al villaggio Italia nei confronti del premier. Cantano tutti: “Titì, nun ce lascià!”. Da ricordare che, nel film, lo stregone Manfredi all’ultimo ci ripensava. Con lo “stregone Draghi” la sensazione è che possa ripetersi lo stesso finale: da vera commedia all’italiana.