Per il ponte di ferro a Ostiense si pensa al modello Genova. Ma ci vorranno mesi
![](https://www.7colli.it/wp-content/uploads/2021/11/2EF301C6-32F1-4F2E-87C4-94CA9C46C44B.jpeg)
Siamo già oltre il mese di chiusura. Dell’arteria stradale che collega (collegava) piazzale della Radio con la via Ostiense e Piramide. Uno snodo nevralgico, interrotto dal rogo che ha distrutto il ponte sul Tevere, noto a Roma come ‘ponte di ferro’. Abbiamo ancora tutti negli occhi le immagini delle fiamme divampate quella notte, forse dalla baraccopoli sottostante. Abitata da barboni e sbandati, che trovavano riparo lungo le sponde del fiume. In alloggi di fortuna. E forse è stata una bombola del gas, o un fornelletto, a scatenare l’infermo. Ma la ricostruzione di quegli attimi concitati è ancora incompleta. E ogni ipotesi è al vaglio degli inquirenti. Compresa quella della matrice dolosa. Magari opera di qualche residente, esasperato dal degrado. Intanto i clochard da quella notte sono spariti. Dileguati ne nulla, dispersi in città. Tra Testaccio e Trastevere, ma impossibili da rintracciare e identificare. Per avere più dettagli. Mentre si starebbero cercano eventuali testimoni. Perché anche un dettaglio in più potrebbe essere importante. Intanto restano il traffico e i disagi. Così per la ricostruzione del ponte, si pensa di adottare il ‘modello Genova’. Quello cioè che si è riusciti a realizzare dopo il crollo del Morandi. Con la nomina di un commissario ad acta con pieni poteri. Anche di deroga rispetto al codice degli appalti. Per fare presto, e ricucire in fretta questa brutta ferita per la città.
Ponte di ferro: l’incendio sarebbe partito da un fornelletto della baraccopoli mai sgomberata
![](https://i0.wp.com/www.7colli.it/wp-content/uploads/2024/07/banner-DEI-PEPERINO.jpeg?w=350&ssl=1)
La baraccopoli sotto il ponte era solo uno degli oltre 300 insediamenti abusivi in città
La vicenda del ponte di ferro andato a fuoco, ha sollevato subito una forte polemica politica. Sul degrado che in città regna sovrano. Sotto la lente d’ingrandimento, gli oltre 300 insediamenti abusivi – anche piccoli e piccolissimi – censiti dalla Croce rossa nel 2019. Che si aggiungono ai sei campi autorizzati, e a un’altra decina classificati come tollerati. Paradossalmente, è proprio quando si fanno gli sgomberi che si crea il problema. Perché la chiusura di non luoghi come La Barbuta, l’area F di Castel Romano o l’insediamento nei pressi dello stadio Olimpico è sacrosanta. Ma andrebbe coordinata con un piano di censimento e ricollocazione degli occupanti. Salvo chi delinque, che ove ne ricorrano i presupposti, dovrebbe essere espulso. Senza questo lavoro a monte, i micro campi proliferano. E sono ancora più incontrollabili. Mancando completamente di regole sanitarie, servizi igienici e monitoraggio. E allora è troppo facile fasciarsi la testa, quando accade il disastro. Come nel caso del ponte di ferro. Adesso i cittadini aspettano risposte. E una ricostruzione se possibile rapida. Il neo sindaco Gualtieri lo ha promesso, e sarà un primo banco di prova. Sul quale la nuova amministrazione si gioca già moltissimo.