Per l’8 marzo ricordiamo Alfa Giubelli, la bambina che uccise l’assassino di sua madre

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Per l’8 marzo, festa delle Donne, ricordiamo una donna dimenticata dalla grande storia, nell’ottica della demonizzazione di chi morì dalla parte sbagliata. Ma è una storia drammatica, tremenda, che farà riflettere, e oggi ce ne è bisogno. E’ stata raccontata qualche volta, c’è anche un libro sulla vicenda, forse due, ma si tende a oscurarla, nell’ambito di una storia da non raccontare, perché, la storia, la scrivono sempre i vincitori, che automaticamente si auto proclamano “i buoni”. Vediamo, dal racconto, che figura ci fanno i buoni. La vicenda è ambientata nel Biellese, a Crevacuore, e inizia quando due partigiani, tali Ardissone e Balosetti, il 15 luglio del 1944, bussano alla porta di Margherita Ricciotti, coniugata Giubelli. Margherita già aveva avuto un fratello, Carmelo, assassinato dai partigiani. Con lei c’è solo la figlia Alfa, che ha solo 10 anni, forse 11.

Il partigiano Bussi ordinò l’esecuzione

I due partigiani erano agli ordini di “Palmo”, Aurelio Bussi, grande eroe della resistenza, poi addirittura medaglia d’oro. Dissero alla donna di seguirli “al comando” per un interrogatorio. Margherita, che aveva il marito al fronte e non imboscato, volle però a tutti i costi portare la bambina con sé, perché non sapeva altrimenti a chi lasciarla. Ma anziché al “comando”, i partigiani si diressero verso il cimitero, dove Bussi con un altri partigiani le aspettavano. Bussi disse alla Ricciotti che loro erano una famiglia fascista e come tali andavano tutti eliminati. Un partigiano 17enne allontanò la bambina e pietosamente le coprì gli occhi. Poi partì la raffica di mitra, qualcuno dice fucilate o colpi di rvolver e Margherita morì, inerme, senza processo. La bambina si ritrovò solo a singhiozzare disperata presso il muro del cimitero.

Qualcuno avrebbe voluto assassinare anche la bambina

Sembra che avrebbero voluto eliminare pure lei in quanto testimone, ma poi un partigiano impedì l’ennesimo omicidio e la portò via. A quanto pare l’ordine di eliminarla era arrivato dall’alto, da “Gemisto”, ossia Francesco Moranino, deputato del Pci dopo la guerra, graziato per i suoi crimini dal presidente socialdemocratico Saragat nel 1965. Il processo fu archiviato con la stessa tempestività dl feroce assassinio: nel giugno 1953 il pubblico ministero chiese e ottenne dal giudice istruttore di Vercelli, Lombardi, l’archiviazione del caso poiché il fatto andava qualificato come “azione di guerra” e dunque non punibile. Alfa, secondo le tstimonianze, non fu mai più la stessa, portò sempre dentro di sé non solo l’assassinio della mamma sotto i suoi occhi ma anche l’ingiustizia che era stata poi perpetrata.

Quella mattina Alfa prese la pistola

Così, dopo tre anni Alfa si sposò con un ex marò della Decima Mas, Rino Basadonna. E il mattino del 7 marzo 1956, prende dal cassetto la pistola del marito e sale sulla corriera per Crevacuore dove il Bussi, naturalmente insignito di medaglia d’oro per gli atti di valore compiuti nel corso della resistenza, era addirittura divenuto sindaco, eletto nelle file del Pci. Alfa andò direttamente dove sapeva trovarsi il Bussi, a casa della convente Rina Petrolini (o Parolini) e lo fece venire alla porta. “Sono Alfa Giubelli, la figlia di Margherita Ricciotti”, e gli spara quattro o cinque volte. Dopodiché si costituisce alla caserma dei carabinieri. Poi il carcere, il processo, la condanna a cinque anni e tre mesi di reclusione, con il riconoscimento del vizio parziale di mente. Alfa Giubelli poi visse serena: avrà anche due bambine.

La Giubelli condannata a cinque anni e tre mesi

“Al processo, – scrisse Mario Cervi su Il Giornale – le verrà chiesto se prova rimorso per l’atto compiuto. “Nessun rimorso” – risponde tranquilla – ” mi sono sentita soltanto molto più leggera; anche fuori di me tutto sembrava essersi appianato”. Confermerà anche di non provare alcun pentimento per aver fatto ciò che “sentiva” di dover fare. Da quel giorno la sua vita, nonostante i cinque anni di carcere inflittile dalla Corte d’Assise, inizierà a essere vissuta con quella serenità interiore crudelmente sottrattale negli anni della fanciullezza. E come d’incanto spariranno anche i disturbi fisici ed i tremendi, ricorrenti, mali
di testa che da oltre un decennio la opprimevano…”.