Pillola Ru 486, a Roma manifesti e polemiche

Tanti manifesti affissi a Roma. E camion con ‘vele’ che ripropongono lo stesso messaggio. Prenderesti mai del veleno? Stop alla pillola abortiva Ru 486. Mette a rischio la salute e la vita della donna e uccide il figlio nel grembo. Firmato, movimento Pro Vita e Famiglia. Con tanto di hashtag, #dallapartedelledonne. Una campagna pubblicitaria che ha riacceso un vecchio scontro, del resto mai sopito. Tra chi ritiene che il feto fin dal momento del concepimento sia vita a tutti gli effetti, e dunque inviolabile. E chi ritiene invece che almeno fino ad un certo punto il portare avanti o meno la gravidanza rientri nella sfera della autodeterminazione della donna. A livello legislativo la polemica è riesplosa per le linee guida  emanate nel mese di agosto dal ministero della salute. Che hanno stabilito la possibilità di ricorrere alla interruzione volontaria della gravidanza fino alla nona settimana, direttamente in day hospital. Il CSS ha assicurato che non ci sarebbero rischi, e la sinistra ha applaudito. Dichiarando che si tratta di una conseguenza della legge 194 , e che così si equipara l’Italia a molti altri Paesi europei. Ma dal centro destra sono subito partite le critiche, e alcune Regioni come il Piemonte hanno annunciato che finita l’emergenza covid il percorso di interruzione della gravidanza potrà avvenire solo in reparto. In osservanza della legge ma con la massima consapevolezza e sicurezza. E con il supporto anche psicologico per le donne che decidessero di tenere il figlio che hanno in grembo.

I manifesti anti pillola abortiva a Roma accendono lo scontro. La sinistra chiede alla Raggi di rimuoverli ma perché?

Chiaro che sul tema dell’aborto le sensibilità siano molto diverse. La legge 194 sull’interruzione volontaria della gravidanza è del 1978, e il referendum abrogativo del 1981. In realtà si trattò di una ‘lenzuolata’ di quesiti, come si usava all’epoca. Oltre che sul diritto ad abortire infatti, si voto’ anche per altri tre quesiti. Ergastolo, porto d’armi e legge Cossiga sull’ordine pubblico. Tornando al tema delle polemiche odierne, le questioni referendarie furono due. Una sollevata dai Radicali, per una interpretazione più ampia della 194 e l’abrogazione di tutti i procedimenti amministrativi di controllo su eventuali difformità dalla legge 194 nelle pratiche abortive. L’altra dal Movimento per la Vita, che invece chiedeva di eliminare ogni circostanza giustificativa ed ogni modalità di interruzione volontaria della gravidanza. Entrambi vennero bocciati, e la legge 194 è rimasta vigente così com’era. Ora però, tutto questo ha poco a che vedere con le linee guida di agosto del ministero. Perché chi le contesta pone l’accento su possibili rischi per la salute della donna. In caso di uso troppo ‘disinvolto’ e non adeguatamente seguito a livello medico della pillola Ru 486. E lancia anche un messaggio forte, a difesa della vita. Si può condividere o meno, ma dove sta l’offesa alla dignità femminile che ne imporrebbe la rimozione? Eppure dalla consigliera Pd del Municipio I Sara Lilli alla Marta Bonafoni in Regione le reazioni sono state durissime. Così come quelle degli esponenti romani del Partito Radicale.

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Augusta Montaruli (FDI), contro linee guida per tutelare davvero la donna

Già a settembre la deputata di Fratelli d’Italia Augusta Montaruli aveva annunciato un laboratorio nella Regione Piemonte. Con l’ambizione di proporre un modello valido in tutta Italia. Per un approccio diverso all’interruzione volontaria della gravidanza. Che nel rispetto della legge prevedesse però l’obbligo del ricovero per l’aborto farmacologico anche entro le nove settimane. E un valido supporto psicologico per le donne che volessero cambiare idea. E tenere i loro bambini. Anche allora le polemiche non mancarono, con la carica a testa bassa delle sinistre e del M5S piemontese. Vedremo se adesso a Roma la Raggi deciderà di rimuovere le affissioni contestate, o di far finta di niente. O se prenderà posizione, anche da un punto di vista politico. Certo, la si può pensare come si vuole. Ma lo spettro del ‘reato di opinione’ su temi così delicati e personali fa sempre paura.

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