Ponte dei Congressi a Roma, 300 milioni per collegare l’Eur a Fiumicino: boom di spesa e cantieri infiniti, salto di qualità o ennesima opera incompiuta?

Rendering Ponte dei congressi Roma Eur

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L’annuncio dell’avvio dei lavori per il Ponte dei Congressi, con la ratifica della convenzione tra Anas e Campidoglio, divide Roma. Sulla carta dovrebbe essere una svolta epocale per collegare il quartiere Eur con l’autostrada Roma-Fiumicino, ma nei fatti rischia di trasformarsi nell’ennesimo cantiere infinito che promette fluidità e invece porta traffico, ritardi e disagi. E non solo.

L’investimento è mastodontico: 300 milioni di euro, finanziati con fondi statali già inseriti nel DPCM dell’11 giugno 2024. Ma dietro ai rendering patinati e alle parole roboanti dell’assessore capitolino ai Lavori pubblici, Ornella Segnalini, che parla di “intervento simbolo per la rigenerazione urbana”, si nascondono anche criticità enormi. L’opera è senza dubbio fondamentale. E, una volta terminata, rivoluzionerà la mobilità del quadrante.

Una “cura” che rischia di peggiorare i sintomi

Il ponte promette di rivoluzionare il quadrante sud-ovest della Capitale, con la creazione di svincoli, nuove rampe, l’adeguamento del Ponte della Magliana, riqualificazione delle banchine del Tevere, la realizzazione di un anello ciclabile lungo gli argini del fiume e la creazione di un parco fluviale. Ma nel frattempo? Roma è già oggi ostaggio di cantieri che paralizzano la città. L’Eur è saturo di mezzi pesanti, l’asse della Magliana esplode ogni giorno all’ora di punta, e ora si aggiunge anche questo.

I cittadini temono un altro progetto alla “Pontina style”: anni di lavori, senza alcuna certezza sui tempi di consegna e con una viabilità secondaria che rischia il collasso. La tanto decantata “cura del ferro e della bicicletta” si scontra con l’assenza cronica di una mobilità davvero integrata. E mentre si sogna il parco fluviale del Tevere, la realtà sono buche, incroci pericolosi e mezzi pubblici al collasso.

Un po’ di storia: aumento di 100 milioni in 10 anni

Forse non tutti ricordano che del Ponte dei Congressi si parlava già nel novembre 2013, quindi ben oltre 11 anni fa. Nel corso di un convegno, chiamato “Il ponte è paesaggio” e organizzato dall’allora assessorato alle periferie, infrastrutture e manutenzione urbana (assessore Paolo Masini), erano stati riuniti presso la Casa dell’Architettura progettisti, tecnici e protagonisti delle relazioni urbane per analizzare il sistema dei ponti della Capitale e proporre nuove metodologie per migliorare la qualità dei progetti. E non era neanche la prima volta che, a Roma si parlava di quella che veniva definita come “opere strategica”.

Nel corso dell’incontro erano anche stati mostrati i costi, che comprendevano anche il Ponte di Pietralata, e la durata dei lavori. 5 anni e 206 milioni di euro. I fatti hanno dimostrato che nessuna delle due cose sono state mantenute.

Centrodestra entusiasta, opposizioni sul piede di guerra

Il progetto è ora stato rilanciato dalla Giunta Gualtieri – a un costo maggiorato di 100 milioni rispetto a quanto sarebbe venuto nel 2013 – ma trova grande sostegno soprattutto nel centrodestra della Regione Lazio guidata da Francesco Rocca, che lo descrive come un’opera necessaria per “collegare meglio Roma all’aeroporto” e “riqualificare l’area del Tevere”. Peccato che a oggi, le sponde del fiume siano ancora devastate dal degrado, e l’idea di un’oasi urbana sembri più una fuga in avanti da campagna elettorale che un piano concreto.

Il Partito Democratico da un lato lo cavalca, dall’altro si trova spiazzato di fronte alle proteste dei residenti dell’Eur e della Magliana, già sul piede di guerra. “Si parla di grandi opere, ma i trasporti di superficie fanno acqua da tutte le parti – attacca Massimiliano Valeriani, consigliere regionale PD – e nel frattempo si tagliano corse e si ignorano le periferie”.

La grande illusione della rigenerazione urbana

Certo, riqualificare le banchine del Tevere tra il Ponte della Magliana e il futuro Ponte dei Congressi è un obiettivo nobile. Ma quante volte abbiamo sentito parlare di parchi fluviali, ciclabili moderne, ponti ecologici, per poi ritrovarci con erbacce, roulotte abbandonate e degrado?

Il rischio è che questo maxi-intervento diventi l’ennesimo “specchietto per le allodole”: un progetto calato dall’alto che non risponde alle reali esigenze quotidiane dei cittadini. Perché un ponte non basta a collegare una città che, ogni giorno, si spacca tra chi ha accesso ai servizi e chi invece continua a vivere in quartieri dimenticati, senza metro e con strade groviera.

Un’occasione da non sprecare (ma con quali garanzie?)

Il Ponte dei Congressi potrebbe davvero diventare un simbolo di rinascita urbana. Ma per farlo serve trasparenza, monitoraggio continuo, dialogo con il territorio e soprattutto il rispetto dei tempi. Roma non può permettersi un altro cantiere-fantasma.

E allora sì, si costruisca pure il ponte. Ma si cominci anche a ricucire la distanza tra le promesse e la realtà. Perché finché la Capitale resterà prigioniera di disservizi, disuguaglianze e immobilismo, nessun ponte potrà davvero unire.

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