Proprio 4 anni fa l’Italia entrò in lockdown: fu decisione giusta o sbagliata? Ora si saprà

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Sono passati 4 anni dal 9 marzo 2020 quando il presidente del Consiglio dell’epoca, Giuseppe Conte, annunciò all’Italia il lockdown (confinamento) contro l’emergenza Covid-19 arrivata nel Paese dalla Cina. “Le nostre abitudini vanno cambiate ora, dobbiamo rinunciare tutti a qualcosa. Lo dobbiamo fare subito e ci riusciremo solo se ci adatteremo a queste norme più stringenti”, avvertì l’ex premier. “Fu una decisione inevitabile e la misura, nota dalla storia della Medicina, più efficace per bloccare la trasmissione delle infezioni di un virus respiratorio. Il lockdown è un caposaldo per l’Oms per evitare i contagi e la loro propagazione”. Lo dice Massimo Andreoni, professore di Malattie infettive e direttore scientifico della Società italiana di malattie infettive e tropicali .

“Il confinamento sarebbe una scleta giusta anche in caso di una nuova pandemia”

Andreoni aggiunge: “Non si doveva discutere allora e tantomeno oggi la bontà dell’intervento, sarebbe davvero pretestuoso. Oggi gli strumenti sono diversi, non c’è solo la chiusura delle attività”, continua Andreoni ma in caso di una nuova pandemia “il lockdown sarebbe una scelta giusta – chiarisce – finché non ci saranno altri interventi applicabili immediatamente per evitare i contagi. Quindi – conclude – sì anche in caso di un nuovo virus molto infettivo sarà una scelta giusta”.

Bassetti: “Decisione giusta per due mesi, poi esageratamente prolungato”

“Il lockdown fu una decisione giusta per i primi due mesi del 2020. Non c’erano alternative ed eravamo il primo Paese Ue ad affrontare la pandemia Covid-19, ma è stato esageratamente prolungato con una decisione politica mascherata da scelta scientifica del Cts. Si vestiva di scienza quello che invece decideva la politica, ricordiamoci la Dad, il coprifuoco, l’obbligo della mascherina all’aperto, la chiusura dei ristoranti. Misure che oggi ho difficoltà a comprendere”. Così all’Adnkronos Salute Matteo Bassetti, direttore Malattie infettive dell’ospedale policlinico San Martino di Genova. “Quando si decise per il lockdown non fui molto d’accordo – ricorda Bassetti -.

Dopo due mesi il Paese andava riaperto

Ad un certo punto non c’erano alternative perché si doveva ridurre la circolazione delle persone e quindi anche del Sars-CoV-2. Quindi credo che a marzo 2020 fosse una misura che non si poteva non prendere e fu fatto in molti Paesi. Ma è servito davvero a ridurre la mortalità da Covid? – si chiede l’infettivologo -. I dati sono contrastanti, c’è una metanalisi del 2022 fatta da un gruppo di economisti che evidenzia come i suoi effetti non hanno ridotto i morti ma hanno avuto conseguenze sull’economia e sulla società. A distanza di 4 anni non abbiamo certezze dell’efficacia del lockdown”. In conclusione, “il lockdown è stato esageratamente lungo e dopo due mesi il Paese andava riaperto, comprese le scuole e le attività commerciali, come fece la Francia”, conclude.

Lopalco: “Misto di ansia e paura, ma serviva”

“Fu un misto di ansia per quello che avrebbe significato per gli italiani, ma anche un sollievo perché sapevo che solo quella misura avrebbe potuto rallentare la progressione della pandemia”. E’ il ricordo all’Adnkronos Salute, dell’epidemiologo Pier Luigi Lopalco, docente di Igiene all’università del Salento. “Il lockdown – continua Lopalco – diede il tempo alla maggior parte delle Regioni italiane, soprattutto del Sud, di organizzare la risposta ospedaliera all’ondata pandemica”. “Ricordo perfettamente che quel giorno ero in auto da Pisa per rientrare in Puglia e assumere il ruolo di coordinatore della risposta alla pandemia, quando alla radio fu trasmessa la conferenza stampa del presidente del consiglio che annunciava il lockdown”.