Psicosi covid a scuola, 5000 chiamate al giorno ai pediatri anche per un raffreddore

Ormai è piena psicosi da covid 19 in tantissimi istituti scolastici della Capitale. Particolarmente per quanto riguarda asili nido, scuole materne ed elementari. Cioè le classi dedicate ai bambini più piccoli, fino al termine del ciclo della cosiddetta istruzione ‘primaria’. Bimbi che verrebbero spesso portati nelle aule anche in presenza di sintomi sospetti, come ad esempio un forte raffreddore. Una situazione molto difficile da gestire per tutti, a cominciare dalle famiglie. Passando ovviamente per gli insegnanti e per i presidi. Che sono responsabili anche di fronte alla legge dell’esatta applicazione dei protocolli vigenti. Non è semplice infatti distinguere tra un caso di covid e un semplice ‘malammo’ stagionale, ma spesso i genitori non hanno scelta. Perché devono andare a lavorare, e i bambini ovviamente non possono essere lasciati a casa da soli. Quindi si opta per il semplice raffreddore, anche perché la paura di infilarsi nel tunnel delle file apocalittiche per il tampone è tanta. Ma così facendo, la responsabilità finisce completamente in capo alla scuola. Ed è comprensibile che dopo un paio di starnuti, o un po’ di ‘moccio’ che esce dal naso, gli insegnanti terrorizzati chiamino i pediatri di riferimento della Asl. Per evitare brutte sorprese, ed eventuali guai.

2000 positivi e 75 focolai nelle scuole di Roma. E adesso è allarme rosso

I medici pediatri, spesso ci telefonano perché la procedura non è chiara

Siamo in mille a Roma, e il calcolo e’ molto semplice. In media ogni pediatra sta ricevendo cinque telefonate al giorno dalle scuole della Capitale. Quindi 5000 casi sospetti che ogni mattina devono essere processati. Per trovare la soluzione più giusta, e stabilire in base ai protocolli se sia il caso o meno di rimandare a casa i bambini. E di disporre eventualmente l’isolamento fiduciario in attesa del tampone. Queste le parole di Teresa Rongai. Segretaria romana della Fimp, la Federazione italiana dei medici pediatri. Spesso ci telefonano perché non è chiara la procedura – aggiunge la dottoressa -, a volte anche per una banale rinite. Un raffreddore insomma. Per cui da protocollo non dovrebbe essere previsto nemmeno il tampone. Rari invece i casi di bambini trovati a scuola con la febbre. E in quel caso sono le stesse famiglie a sollecitare l’intervento del medico e a chiedere di rimandare a casa il proprio figlio, per evitare ogni ulteriore rischio di contagio. Intanto anche i presidi chiedono maggiore tutela. Come spiega al messaggero.it il capo di Assopresidi Mario Rusconi. Le difficoltà sono soprattutto nelle scuole di grado inferiore, conferma Rusconi. Perché i ragazzi più grandi sono in grado di gestirsi da soli, ed eventualmente di rimanere a casa. Ma noi non abbiamo scelta, e gli insegnanti non sono immunologi. Ai primi sintomi, dobbiamo chiamare il medico e segnalare ogni situazione sospetta.

Vaccino antinfluenzale, nuovo rinvio ad ottobre. Nel Lazio è caos

Il vaccino antinfluenzale è in ritardo, e i genitori ‘no mask’ scatenano gli avvocati contro l’obbligo della mascherina al banco

In mezzo a tutto questo caos, certamente i ritardi nella distribuzione del vaccino antinfluenzale non aiutano. La Regione Lazio assicura che le criticità sono in superamento, ma in alcune Asl le dosi disponibili sono finite. Tra i distretti più in difficoltà ci sarebbe quello della Rm 1, mentre nella Rm 2 le cose andrebbero un po’ meglio. E ci sarebbero ancora delle dosi di vaccino disponibili. Infine, il capitolo ‘no mask’. Perché alcuni genitori che sono contrari all’uso obbligatorio della mascherina anche in classe, stanno facendo scrivere dagli avvocati ad insegnanti e presidi. Minacciando azioni legali. Ma in questo caso il protocollo è chiaro. Salvo casi di intolleranza certificati dal medico, l’uso della protezione facciale è obbligatorio per tutti anche al banco. Almeno su questo, che si sia d’accordo o meno sembra non ci sia spazio per ulteriori polemiche.

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