Qatargate, Susanna Camusso respinge le accuse: “Non dovevo fidarmi di Panzeri”

«Non dovevo fidarmi di Panzeri»: Susanna Camusso respinge le accuse dell’imputato numero uno del Qatargate, che ai magistrati belgi ha parlato di 50mila euro in contanti consegnati per la sua campagna elettorale dal governo del Qatar.
«Quello che leggo sui giornali – dice al Corriere della Sera l’ex segretaria della Cgil – delle sue ricostruzioni di presunti finanziamenti del Qatar per sostenere la mia elezione a segretario del sindacato mondiale è falso». Siamo nel 2018 e Camusso, oggi senatrice del Pd ma allora leader della Cgil, era in corsa per l’elezione al vertice dell’Ituc (International Trade Union Confederation). Corsa che si concluse a dicembre di quello stesso anno al congresso di Copenaghen con una sconfitta: risultò rieletta, sia pure di un soffio, l’australiana Sharan Burrow.

Panzeri, che aveva condiviso un bel pezzo di strada nella Cgil con la stessa Susanna Camusso, era, nel 2018, parlamentare europeo per il Pd e presidente della commissione diritti umani del Parlamento di Strasburgo. «Era normale che avessimo contatti — racconta Camusso — quindi non mi ha stupito che si offrisse di sostenere, come ha fatto, la mia candidatura all’Ituc. Un giorno, mi disse che c’era una persona che si occupava di diritti umani in Qatar che voleva conoscermi. Così, quando si presentò l’occasione perché mi trovavo a Bruxelles per riunioni sindacali, Panzeri venne con questo signore, il cui nome non mi diceva nulla, che io appunto pensavo — anche perché così mi aveva detto lo stesso Panzeri — fosse un attivista dei diritti umani in Qatar. Ora invece apprendo, dai giornali, che era un membro del governo del Qatar. Non abbiamo assolutamente parlato di finanziamenti, né di sostegno al governo del Qatar, non ci siamo più rivisti e per me la cosa è finita lì».
Secondo la versione di Panzeri, invece, a Bruxelles «eravamo Giorgi, Al Marri, l’algerino e io. Mi è stato chiesto chi fosse l’italiana candidata. Dissi che conoscevo Camusso perché eravamo stati nello stesso sindacato. Mi dicono che l’avrebbero incontrata volentieri e l’avrebbero aiutata. Ho parlato con lei a Milano e mi dice di essere disponibile per questo incontro, che si è tenuto poche settimane dopo». Si sarebbe parlato solo di aiuti ai sindacati africani e al medio Oriente: «In precedenza, avevamo individuato una cifra di 600mila euro (…) che mi sono stati dati in una borsa e sono una buona parte dei soldi trovati nella mia casa. Poi ho saputo che bastavano solo 50mila. Mi restavano quindi 500mila che ho tenuto».