Quella volta che Giovanni XXIII donò ai bambini di Roma centomila dosi di “antipolio”

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C’è un episodio assente anche nelle più dettagliate biografie di Giovanni XXIII, il “papa buono”. Accadde nel suo primo Natale da Papa, il 25 dicembre 1958, e riguarda un dono particolare fatto alla Città di Roma. Centomila vaccini contro il pericoloso poliovirus, causa della poliomelite. La vicenda è raccontata oggi sul quotidiano “L’Eco di Bergamo” da Elisa Roncalli, giovane giornalista discendente dalla famiglia che dette i natali al “Papa buono”. Il dono era destinato ai bambini di Roma, colpiti nelle gambe e nei muscoli del torace, molti finiti nei cosiddetti ‘polmoni d’acciaio’, sorta di antenati dei ventilatori polmonari. Il vaccino di Salk era stato introdotto nel 1957, ma non era ancora obbligatorio.

Il vaccino donato precedeva quello di Sabin

La prima campagna di vaccinazione di massa, per sette milioni di bambini, sarebbe stata fatta nel 1964, con un altro vaccino reso obbligatorio solo nel 1966, quello del polacco Alfred Sabin, più efficace e somministrato non per iniezione, ma per via orale su zollette di zucchero. Il 29 novembre 1958 monsignor Giuseppe De Luca scrisse al segretario papale Loris Capovilla. “Caro monsignore, l’acclusa mi è arrivata iersera tardi, e non mi ha lasciato dormire: non so resistere, in coscienza, a trasmettergliela. È una lettera dell’assessore alla sanità, nel Comune di Roma, il dottor Borromeo, e non mi sembra una delle solite scocciature. Il Santo Padre, intervenendo col dono al Comune di Roma di un centomila vaccini, oltre a tutelare dal morbo imminente tanti bimbi di Roma che rischiano restare indifesi.

Per tutelare centomila bambini di Roma

Oltre a strappare all’esasperazione disperata altrettante mamme, avrebbe un’occasione prodigiosa di entrare lui per Natale in tante famiglie della sua città, dove il sacerdote non può entrare più, e dirvi una parola cristiana, com’egli sa dire”. E così continuava: “Dovrebbe infatti, io penso, qualora il Santo Padre giudichi opportuno largire il dono, largirlo per via diretta, non attraverso la Pontificia commissione né l’Azione Cattolica né le parrocchie stesse. Che possono a torto o a ragione venir sospettati di demagogia. Veda lei, caro monsignore, se sia il caso di dirlo al Santo Padre”.

Il vaccino regalato nel 1958

Monsignor Capovilla informò il pontefice che, a sua volta, incaricò monsignor Angelo Dell’Acqua di occuparsene personalmente. Così avvenne subito. Già l’1 dicembre, infatti, De Luca avvisò il segretario del Papa. “Monsignore carissimo, una telefonata osannante del dottor Borromeo, un gran cristiano e un gran medico, mi ha annunziato ieri a mezzogiorno che il Sommo Pontefice aveva accolto paternamente la sua implorazione. E dunque lei, monsignore, era stato il tramite ideale, il più indovinato degli ambasciatori, per la generosità, per la prontezza, per l’efficacia. Ancora una volta, grazie; ancora una volta, dica lei, che può e sa, al Santo Padre la mia indicibile riconoscenza”.

(Foto: L’Eco di Bergamo)