Sulla Rai pasticci dall’entourage di Draghi. Troppo peso al Pd

Draghi Rai

Eppure a Mario Draghi un segnale sulla Rai – pubblico, non privato – lo avevamo lanciato. Il governo rischia di farsi male. E ora la spericolatezza di chi ha suggerito al premier mosse azzardate del tipo “faccio tutto io” potrebbe avergli provocato danni se non si interviene.

Perché si è smaccatamente favorita la sinistra per dividere il centrodestra. È questa la missione del governo della lotta alla pandemia e per la ricostruzione nazionale? Litigare sulla Rai, o meglio far litigare?

Sulla Rai errore di Draghi

Apparentemente l’assenza di rappresentanza diretta di Fratelli d’Italia nel Cda Rai è il fatto più clamoroso. Ma ancor più grave è la pretesa di dominio da parte del Pd. Perché se la Meloni lamenta l’esclusione dal vertice di viale Mazzini, ciò è dovuto esclusivamente all’ingordigia del terzo partito italiano, il Pd.

Se pretendi di nominare l’amministratore delegato, con tutte le qualità che possa avere Carlo Fuortes; se scegli una presidente come Marinella Soldi molto vicina ad Italia Viva; è evidente che ognuno faccia la sua partita. E del resto la legge vigente misura la rappresentanza Rai in ragione della consistenza dei gruppi parlamentari. Camera e Senato eleggono due consiglieri per ciascuno ed è evidente che se li votino i gruppi più grandi.

Al Pd è garantito troppo potere

Se Forza Italia e Lega avessero dovuto farsi carico di Fdi per gli appetiti del Pd e la mossa azzardata di Draghi, uno di loro avrebbe dovuto lasciare il posto alla Meloni. Comunque uno dei tre partiti traino del centrodestra sarebbe stato sacrificato. Con il Pd a festeggiare i nuovi vertici e a beccarsi pure un altro membro del Cda.

E se Draghi insiste sulla presidenza Rai alla Soldi – come sta facendo – non c’è soluzione. E il riequilibro avverrà per forza di cose sulle “caselle” e le direzioni dell’azienda. Chi voleva cacciare i partiti dalla Rai ce li ha rimessi. È una mossa falsa che Mario Draghi non doveva fare.

C’è una legge che va cambiata. C’è il pluralismo da garantire a prescindere dal consiglio di amministrazione. Stavolta sarebbe inutile prendersela con Matteo Salvini o Silvio Berlusconi.