Nel Lazio Cgil e mezzo Pd azzoppano Alessio D’Amato

Alessio D’Amato Cgil

Nel Lazio la Cgil azzoppa Alessio D’Amato, che voleva fare il candidato unitario contro la destra. Deve accontentarsi di Carlo Calenda, ma ai cinquestelle con la loro candidata Donatella Bianchi si affiancherà un bel pezzo di sindacato rosso, nella lista promossa da Stefano Fassina.

Il coordinamento 2050 avrà infatti come capolista Tina Balì, che è a capo della Flai-Cgil, la sigla chedeve tutelare i lavoratori del settore agroalimentare e ambientale. Un’autostrada per il candidato del centrodestra, Rocca.

Alessio D’Amato non ha nemmeno la Cgil

E’ una sorpresa di non poco conto, che spiazza una volta di più i piani del centrosinistra del Lazio, quella della sindacalista. Perché convalida il progetto di Conte di “superare a sinistra” il Pd e chiude ogni prospettiva di campo largo, il sogno di Enrico Letta già frantumato alle politiche.

Ovviamente dalla Cgil piovono finte rassicurazioni ad Alessio D’Amato, “restiamo imparziali”, ma questo vuol dire che non appoggiano più come un tempo il candidato del Pd. E nel Lazio è una mazzata pesante per il Nazareno.

Candidati del Pd che rinunciano alle elezioni

Non deve essere nemmeno tanto casuale che importanti candidati abbiano chiesto di essere collocati altrove. Ad esempio Mauro Buschini all’Egato (rifiuti) di Frosinone; Marco Vincenzi nella struttura di Gualtieri per il Giubileo. E altri raccoglitori di voti come Enrico Forte a Latina e Fabio Refrigeri a Rieti. Il che lascia pensare ad una forte demotivazione dell’apparato Pd nel Lazio.

D’Amato cerca di reagire, ma paga evidentemente un carattere non proprio disponibile al dialogo persino nel suo partito. Ieri ha presentato il programma, promettendo tutto quello che non ha fatto in dieci anni di governo della sanità.

Una presentazione in tono minore, che risente probabilmente del clima di sfiducia che c’è a sinistra in questa campagna elettorale.

Il 12 e il 13 febbraio tutto lascia prevedere che i cittadini del Lazio cambieranno rotta dopo il decennio di Nicola Zingaretti. È già bastato.