Retribuzioni a Roma e nel Lazio: cresce la media, ma quasi 4 lavoratori su 10 sotto i 15 mila euro
Nel Lazio gli stipendi salgono, almeno sulla carta, ma la realtà è molto meno brillante: oltre 660 mila lavoratori vivono con retribuzioni annue sotto i 15 mila euro. È il dato più pesante del rapporto che la Cgil di Roma e del Lazio ha costruito sui numeri Inps 2024, e che racconta una regione dove l’occupazione aumenta ma il potere d’acquisto no.
Secondo la Cgil, il Lazio viaggia “a tre velocità”. L’occupazione cresce: i dipendenti con almeno un giorno retribuito passano da 1.767.924 nel 2023 a 1.799.269 nel 2024 (+1,8%). Diminuiscono anche i contratti lampo, quelli sotto i tre mesi, scesi da 233.263 a 222.953 (–4,4%). Migliorano le posizioni più stabili: +2,8% per i contratti tra i 6 e i 12 mesi, +2,7% per quelli superiori all’anno.
E aumentano le retribuzioni medie: nel 2024 un operaio ha percepito 15.999 euro, un impiegato 28.057, un quadro 70.368, un dirigente 155.642. L’incremento complessivo è di circa il 4% rispetto al 2023.
Ma basta un dato Istat a raffreddare qualsiasi entusiasmo: il reddito reale da lavoro è ancora al 7,2% sotto il livello del 2004. In pratica, anche con gli aumenti e i rinnovi contrattuali, i salari continuano a perdere terreno rispetto all’inflazione accumulata negli anni. Un paradosso molto italiano, che nel Lazio pesa ancora di più.
Settori spaccati in due
Il rapporto evidenzia un dualismo quasi scolastico. Da una parte ci sono i comparti che raccolgono la maggioranza dei lavoratori poveri: alloggio e ristorazione, turismo, servizi alla persona, attività artistiche e una parte del commercio. Nel turismo, addirittura, il 65% dei dipendenti non supera i famosi 15 mila euro.
Dall’altra parte c’è il blocco dei “privilegiati”: energia, credito e assicurazioni, settore estrattivo, Ict e manifatturiero. Qui la situazione si ribalta: fino al 90% dei lavoratori supera i 30 mila euro, con la fornitura di energia che guida la classifica.
La Cgil sintetizza così la dinamica: il Lazio cresce nei settori meno valorizzati, mentre quelli a più alto contenuto di competenze perdono terreno. Il risultato è un mercato del lavoro dove aumentano gli occupati, ma cresce anche la polarizzazione tra salari molto bassi e salari molto alti, senza vie di mezzo.
Donne ancora penalizzate
Il capitolo dedicato al gender pay gap è impietoso. A Roma le lavoratrici guadagnano in media il 22,7% in meno degli uomini. A Frosinone la forbice sale al 33,7%, a Latina al 28,9%, a Rieti al 29,9%, a Viterbo al 33,8%.
Il fatto più pesante è però nella distribuzione dei redditi: il 44,7% delle donne rimane sotto i 15 mila euro, contro il 30,8% degli uomini. E mentre il 30,6% degli uomini supera i 30 mila euro, tra le donne ci arriva appena il 20,8%.
Il rapporto sottolinea che fuori dall’area metropolitana la situazione peggiora ancora: segregazione settoriale, part-time involontari, contratti instabili e meno opportunità di straordinari. Il risultato è un divario che resiste da anni e non accenna a ridursi.
I giovani sono i più fragili
L’altra grande frattura riguarda le generazioni. Tra gli under 30, il 60,9% non arriva a 15 mila euro annui: un’incidenza più che doppia rispetto agli over 50.
Per la Cgil è l’effetto combinato di anni di politiche industriali discontinue, investimenti sbilanciati e scarsa capacità di creare lavoro qualificato nelle aree fuori dalla Capitale.
Province lontanissime tra loro
Il quadro territoriale mostra differenze nette.
A Frosinone, gli operai registrano le retribuzioni più alte, seguiti da Rieti e Latina. Roma sorprende in negativo: è ultima tra le province per i salari operai, frenata da un tessuto produttivo debole e ricco di settori a basso valore aggiunto.
A Latina, invece, quadri e dirigenti superano la media regionale. Roma compensa parzialmente con gli impiegati, che tirano verso l’alto la retribuzione media con un vantaggio di circa 6 mila euro sulle altre province.
A Viterbo, infine, i salari, dagli operai ai dirigenti, restano sistematicamente sotto la media regionale, segno di un arricchimento mancato e di una struttura economica più fragile.