Ristoranti al via il 18 maggio? Ecco come saranno i nostri pasti

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Il settore dei ristoranti è tra quelli più colpiti dal coronavirus. Ancora non è chiaro quando potranno riaprire. Ma soprattutto quali saranno le condizioni in cui si potrà andarci. E quali misure e contromusure dovranno prendere i locali, come dovranno attrezzarsi. Prenotazioni limitate e senza dubbio in un locale entrerà meno clientela e il personale costerà di più. Non solo. Occorrerà comprare tutti i dispositivi di protezione, i vetri o i plexiglass, disinfettanti per la sanificazione, gel per le mani e detersivo adeguato per le stoviglie; e poi cloche per le pietanze, in cucina e in sala. Generalità e temperatura prese all’ingresso a chi entra. Insomma, sarà un investimento significativo per un settore già devastato dalla crisi. Il governo deve assolutamente erogare aiuti a fondo perduto.

Il futuro dei ristoranti è incerto, e mancano le risposte

Il futuro e quanto mai incerto, non si sa bene quando e come i locali potranno riaprire e pesa sugli imprenditori la mancanza di risposte tempestive e concrete. Per molti, poi, gli affitti corrono, così come le bollette delle utenze varie. Come dice un ristoratore: “E’ un braccio di ferro tra poveri. Da una parte il propietario del locale che non vuole rinunciare al suo giusto introito, dall’altro noi che non incassiamo soldi da molte settimane”. Se tutto va bene, insomma, complessivamente saranno sette mesi di fermo, pari a diverse centiania di migliaia di euro di mancati guadagni. Non tutti hanno la possibilità di tenere duro. Ma quando si riapre? Per ora, ma non è confermato, la road map prevede la riapertura di bar e ristoranti il 18 maggio con tutte le regole dell’emergenza. Ma dipenderà dall’andamento del coronavirus.

Poi dice che uno si butta sul delivery…

Una delle possibili vie di fuga è il delivery, parola che abbiamo imparato a conoscere. Per questo Mauro Rotelli, deputato Fratelli d’Italia, dice: “Chiediamo al governo di consentire ai ristoranti di organizzare l’asporto delle preparazioni. Attualmente, infatti, questa categoria che è tra le più provate dall’emergenza, per poter organizzare le consegne a domicilio è costretta ad affidarsi a concessionarie specializzate che chiedono per il servizio un importo che può arrivare fino al 20%. Si tratta di un balzello oneroso, che va ad aggravare ulteriormente i bilanci degli operatori del settore costretti, in alcuni casi, a caricare il costo direttamente sul cliente che a sua volta si trova a dover affrontare una ulteriore spesa. Permettere al ristoratore di organizzare l’asporto consentirebbe l’abbattimento dei prezzi al consumo e sarebbe un segnale importante per la categoria ancora in attesa di un sostegno concreto da parte del governo”.