Roberto Palumbo: primario del Sant’Eugenio arrestato, così funzionava il presunto giro di tangenti sulle dialisi
«Fai l’amministratore e te godi la vita». Sarebbe una delle frasi intercettate che gli inquirenti hanno riportato agli atti, lo spaccato di un sistema in cui la scelta della cura rischia di essere decisa dal portafoglio anziché dal bisogno clinico. Il primario di Nefrologia del Sant’Eugenio, Roberto Palumbo, ieri è finito agli arresti domiciliari dopo essere stato sorpreso a intascare 3.000 euro in contanti. Secondo la Procura di Roma, dietro quei soldi si nasconderebbe una macchina di tangenti e pressioni che ha dirottato pazienti in dialisi dal pubblico al privato, a vantaggio di cliniche e imprenditori compiacenti. Una vicenda che, se confermata, racconterebbe un meccanismo opaco costruito sul bisogno di pazienti fragili. Oggi il collegio di disciplina si riunisce d’urgenza: l’Asl Roma 2 parla di fatto “di una gravità inaudita”.
L’arresto in flagranza e la svolta investigativa
Il blitz che ha portato all’arresto di Palumbo è nato da mesi di intercettazioni, controlli contabili e accertamenti della Squadra Mobile. Gli atti firmati dai pm Gianfranco Gallo e Giuseppe De Falco ricostruiscono un meccanismo strutturato: il primario avrebbe ricevuto denaro da imprenditori del settore delle dialisi in cambio dell’indirizzo dei pazienti dimessi dal Sant’Eugenio verso centri privati selezionati.
Secondo l’ipotesi accusatoria, quando un paziente dimesso aveva ancora bisogno di terapia emodialitica ambulatoriale, la sua destinazione non sarebbe stato determinato da criteri sanitari o di prossimità, ma da un percorso preferenziale inventariato negli scambi tra Palumbo e gli imprenditori. Per la Procura, Palumbo avrebbe indicato con preferenza determinate strutture, creando una vera e propria “corsia preferenziale” che trasformava le dimissioni in un flusso di affari per il privato.
Il ruolo di Dialeur e di Maurizio Terra
Al centro delle contestazioni ci sarebbe l’imprenditore Maurizio Terra, amministratore unico di Dialeur. Terra, secondo quanto emerge dagli atti, avrebbe spiegato al gip i meccanismi degli scambi: in cambio dell’afflusso di pazienti, Palumbo avrebbe ottenuto una quota consistente nella gestione della strumentazione per i dializzati. La Procura sostiene che Palumbo sia divenuto titolare, tramite un’altra compagine societaria, del 60% delle quote in una S.r.l. coinvolta nella fornitura di apparati clinici, un passaggio che, se confermato, consegnerebbe al primario anche interessi economici diretti oltre ai compensi in nero.
I benefici per il primario
Secondo gli inquirenti, una parte dei compensi attribuiti al primari, cifre tra i 4.000 e i 6.000 euro, sarebbe transitata tramite fatture false o pagamenti in nero. Denaro che, a detta dell’accusa, serviva a remunerare l’illecito smistamento dei pazienti. All’interno del decreto di perquisizione compaiono poi una serie di “utilità”: dal presunto affitto pagato per un appartamento in via Gregorio VII, ai 1.600 euro mensili per coprire le spese della casa, fino all’uso di una Mercedes aziendale, tre carte di credito e una consulenza fittizia da 2.500 euro al mese per la compagna del primario.
Palumbo, nel primo interrogatorio, ha negato di aver preso denaro per orientare i pazienti. Durante l’udienza di convalida ha però ammesso di aver incassato soldi in nero, sostenendo che si trattasse di compensi per lavoro extra. Una versione che il giudice non ha ritenuto credibile, definendo “gravi” i fatti contestati. Nella richiesta di convalida, i magistrati scrivono che il primario avrebbe creato una “rete di rapporti” in grado di assicurargli un controllo sulla destinazione dei pazienti e sui rimborso del Sistema sanitario nazionale, che per sedute di emodiafiltrazione possono arrivare a 1.000 euro.
La difesa: “Nessuna mazzetta, erano utili dell’attività imprenditoriale”
L’avvocato Antonello Madeo respinge l’impianto accusatorio. Parla di un lavoro d’indagine meticoloso ma ritiene che molti elementi siano stati interpretati in modo fuorviante. «Dimostreremo che Palumbo non ha preso alcuna mazzetta: quei soldi erano utili derivanti dall’attività imprenditoriale che svolgeva all’interno della società», afferma il legale. Madeo sottolinea che l’attività in intramoenia del primario non avrebbe arrecato danno all’Asl Roma 2, che anzi, secondo la difesa, avrebbe beneficiato della sua operatività all’interno delle strutture private convenzionate.