Roma, 63enne con un tumore raro e aggressivo salvata al San Camillo: l’intervento pionieristico da record

Rischiava di perdere la vita, di non farcela, di non avere più speranze. E invece qualcosa, fortunatamente è cambiato e oggi deve tutto agli ‘angeli’ del San Camillo di Roma. Loro quella vita l’hanno salvata e hanno permesso alla donna, una 63enne, di andare avanti e di stare accanto alla sua famiglia. Lei combatteva contro un tumore raro e aggressivo, era affetta da leiomiosarcoma, che si estendeva dall’addome al torace, invadendo fegato e aorta.
Un tumore che era già stato dichiarato inoperabile con una probabilità di sopravvivenza davvero bassa. La donna, spiegano dall’ospedale, era arrivata lì in shock settico, in una condizione critica causata dalla perforazione spontanea del tumore, che si era aperto nel torace. Oggi, però, a distanza di 8 mesi da quell’intervento pionieristico sta bene e infondo al tunnel è ritornata la luce.

L’intervento da record al San Camillo salva la vita a una donna
I medici del San Camillo di Roma hanno dimostrato, ancora una volta, di essere un’eccellenza. E ben tre équipe chirurgiche hanno affrontato la sfida, senza perdersi d’animo e senza arrendersi: quella toracica guidata dal professor Giuseppe Cardillo con la dr.ssa Sara Ricciardi, quella dei trapianti d’organo diretta dal prof. Giuseppe Ettorre con il dr. Roberto Meniconi, e la chirurgia vascolare con il dr. Alfonso Pannone e il dr. Alessio Vona. Hanno unito le forze e hanno dato vita a quella maratona operatoria, durata ore.
La donna aveva già affrontato due procedure d’urgenza al torace, poi è ritornata in sala operatoria. Ma questo solo grazie alla valutazione radiologica avanzata, con ricostruzioni tridimensionali e l’applicazione di algoritmi di intelligenza artificiale. “Era un’operazione al limite della fattibilità, con un rischio di mortalità che superava il 70 per cento“ – ha raccontato il prof. Cardillo. Lui, prima degli altri, ha trattato la paziente, poi ha deciso di applicare la tecnologia innovativa allo studio della malattia. Così ancora volta la scienza è tornata utile.
“La ricostruzione 3D ci ha permesso di visualizzare ogni millimetro del tumore e delle strutture vitali coinvolte – ha spiegato Cardillo – mentre l’IA ha ottimizzato i tempi di pianificazione”. Un intervento eseguito in team, ognuno con un proprio ruolo specifico. I chirurghi toracici hanno lavorato sulla resezione del tumore nel torace, quelli vascolari hanno gestito il coinvolgimento aortico, mentre l’équipe dei trapianti ha affrontato le aderenze critiche a livello addominale e epatico. “Senza l’affiatamento e la precisione di ogni specialista coinvolto, questo risultato sarebbe stato impossibile – ha sottolineato il prof. Ettorre –. È il trionfo di una chirurgia che non si arrende neanche davanti alle sfide apparentemente senza speranza”.
Potrebbe diventare un intervento ‘modello’
Di fondamentale importanza anche l’équipe anestesiologica-rianimatoria del professor Luigi Tritapepe e della dottoressa Michela Maritti, che ha gestito la stabilizzazione intraoperatoria, e dell’équipe oncologica del professor Carlo Garufi e della dottoressa Sara Ramponi, che ha seguito la paziente con tre cicli di chemioterapia adiuvante.
“Questo successo non è solo una vittoria medica, ma la prova concreta di come l’integrazione tra competenze umane e innovazione tecnologica possa spostare i confini della medicina – ha commentato il Direttore Generale Angelo Aliquò –. Al San Camillo Forlanini, ogni giorno i nostri medici scrivono pagine di speranza per pazienti che altrove verrebbero considerati inoperabili”.
L’intervento da record è stato già selezionato per essere pubblicato in una rivista internazionale. E potrebbe addirittura diventare un modello, un punto di riferimento per trattare tumori simili, così rari e aggressivi. Al San Camillo di Roma i medici hanno scritto sì la storia, unendo medicina a tecnologia. Ma hanno soprattutto salvato la vita a una donna di 63 anni, che forse aveva perso ogni speranza.