Roma, 9 milioni per ristrutturare due sole palazzine su sei di Bastogi: il Campidoglio dice ‘Sì’

Roma, sullo sfondo le palazzine di Bastogi, in primo piano Bonessi, che ha presentato la mozione in aula Giulio Cesare, la presidente d'Aula, Svetlana Celli, il sindaco Gualtieri

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Roma, all’ex residence Bastogi, la periferia romana simbolo del degrado urbano, si prepara una ristrutturazione da 9 milioni di euro per appena due sole palazzine — la A e la B — su un complesso che ne conta sei. Il via libera è stato concesso nell’aula Giulio Cesare guidata dalal presidente Svetlana Celli dalla maggioranza di centrosinistra, su istanza del consigliere Nando Bonessio (AVS). Dopo trent’anni di abbandono, i cantieri dovrebbero aprire nel 2026. Ma il progetto, ancora in fase di definizione, solleva più interrogativi che certezze. Non è chiaro difatti, prima di tduto, a dove arriveranno i fondi. Si parla genericamente di “risorse già stanziate”, ma nessuno specifica se si tratti di mutui, fondi comunali o trasferimenti statali. E questo dettaglio non è secondario in una città che porta sulle spalle un debito monstre accumulato in decenni di mala gestione.

Il peso di un investimento monco

Nove milioni di euro per due soli edifici equivalgono, in media, a oltre quattro milioni e mezzo ciascuno. Un costo elevatissimo se si considera che i lavori riguarderanno facciate, lastrici solari, cantine e garage, quindi una ristrutturazione straordinaria e non costituirà – l’intervento edile – il ‘classico’ abbattimento e ricostruzione, molto più oneroso, di solito, dal punto di vista economico. Inoltre, le altre quattro palazzine, dove vivono centinaia di famiglie, restano per ora in attesa di un futuro indefinito.
La cifra, già di per sé imponente, rischia di raddoppiare o triplicare se e quando il Comune di Roma deciderà di estendere gli interventi all’intero comparto. In sostanza, si tratta di una ristrutturazione parziale che si presenta come il preludio di una spesa complessiva difficilmente sostenibile senza nuovi indebitamenti.

Un cantiere simbolico, ma per chi?

L’intervento, presentato come un primo passo verso la rinascita, rischia di essere invece una vetrina politica. Due palazzine rifatte su sei non cambieranno il volto di un intero quartiere che necessita di infrastrutture, servizi sociali e sicurezza. Senza un piano di insieme, Bastogi rischia di diventare l’ennesimo “cantiere vetrina” dove la riqualificazione si ferma alla facciata — in tutti i sensi. Resta inoltre il mistero su come verranno gestiti gli inquilini durante i lavori: verranno trasferiti? E a spese di chi? Nessun dettaglio ufficiale è stato reso pubblico, nonostante le famiglie coinvolte abbiano diritto a conoscere tempi e modalità.

Debiti vecchi e nuovi

Roma continua a finanziare progetti urbanistici di grande impatto economico, ma dalle basi fragili. Il debito storico della Capitale, che supera ampiamente il mezzo miliardo di euro, grava ancora sulle casse pubbliche. In questo contesto, l’idea di aprire un cantiere da nove milioni per una riqualificazione parziale appare una scelta poco prudente. Senza trasparenza sulle coperture, il rischio è che i lavori vengano finanziati a debito, generando nuovi interessi e vincoli futuri per un Comune già commissariato di fatto sulle spese. E che i costi di oggi ricadano, come sempre, sui cittadini di domani.

Una storia che si ripete

Bastogi non è un caso isolato. I precedenti recenti parlano chiaro: dai Mercati Generali all’ex Snia, fino all’ex Cerimant, la “rigenerazione urbana” a Roma si è spesso trasformata in sinonimo di opere incompiute, spese gonfiate e benefici minimi per i residenti. Dietro l’etichetta nobile di recupero urbano si nascondono spesso interessi edilizi e scelte politiche discutibili. A ogni tornata amministrativa si annuncia una rinascita, ma la realtà è fatta di cantieri eterni, promesse dilatate e risultati invisibili. Bastogi rischia di diventare la prossima tessera di questo mosaico di illusioni.

Il diritto alla casa, quello vero, ancora sospeso

Il complesso continua a essere classificato come Centro di accoglienza alloggiativa temporanea, nonostante molti residenti vivano lì da decenni. Il Comune promette da anni la trasformazione in alloggi popolari, ma nessuna regolarizzazione concreta è mai arrivata.
Finché non si affronterà questo nodo — la legittimità e la stabilità abitativa degli inquilini — qualsiasi intervento strutturale rischia di essere solo un maquillage. Un restyling edilizio senza reale giustizia sociale, che lascia intatto il problema originario: la precarietà cronica di chi abita Bastogi.

Roma è in affanno

Roma sembra inseguire la modernità a colpi di cantieri milionari, mentre periferie intere restano intrappolate in un limbo di attese e promesse. Bastogi, con i suoi nove milioni per due palazzine, è il paradigma di una Capitale che spende molto ma progetta poco, che annuncia rinascite e consegna debiti. La domanda resta sospesa: chi pagherà davvero questa ‘rigenerazione‘? E, soprattutto, chi ne trarrà beneficio?

Roma, l'ex residence Bastogi, foto Google Maps
Roma, l’ex residence Bastogi, foto Google Maps – www.7colli.it