Roma, addio al grande ‘gigante d’oro’: abbattuto il Ginkgo Biloba centenario di Villa Borghese
È caduto uno dei simboli più amati di Villa Borghese. Il maestoso Ginkgo Biloba del Pincio, che da oltre un secolo annunciava l’autunno romano con il suo tappeto di foglie dorate, non c’è più. Abbattuto. Senza preavviso, senza spiegazioni, senza neppure un avviso ai cittadini. Un albero “fossile vivente”, sopravvissuto a catastrofi e guerre, ridotto in tronchi nel cuore del parco più amato di Roma. Il suo destino resta un mistero. Nessuna comunicazione ufficiale, nessuna motivazione resa pubblica. Solo il vuoto dove, fino a pochi giorni fa, svettava il suo tronco maestoso, alto venti metri, con la corteccia argentata e le foglie a ventaglio che ogni anno coloravano il Pincio di oro puro.
Roma, un patrimonio cancellato
Secondo la scheda del Registro degli Alberi, il Ginkgo era in salute “sufficiente”. Non perfetto, certo, ma nemmeno condannato. Non un albero malato, non un pericolo imminente.
Gli Amici di Villa Borghese, che da anni vigilano sulla sorte del parco, parlano di una “scomparsa annunciata nel silenzio”. Una tragedia che si aggiunge a una lunga serie di abbattimenti, potature drastiche e tagli indiscriminati che, negli ultimi anni, hanno trasformato il volto della villa più storica di Roma.
“Non c’è stata trasparenza – denunciano – nessuna lista preventiva, nessuna possibilità di controperizia. Tutto avviene di nascosto, come se i cittadini non avessero diritto a sapere”.
Otto anni di promesse mancate
La storia non nasce oggi. Da otto anni l’associazione chiede al Comune di Roma di rendere pubblici gli elenchi degli alberi destinati all’abbattimento. Oggi come allora, le risposte non arrivano.
Nel frattempo, il patrimonio verde di Villa Borghese si assottiglia. Centinaia di alberi secolari, testimoni della storia della città, sono spariti senza che se ne comprendessero mai le ragioni.
Eppure, in questi anni, gli Amici sono riusciti a strappare alla motosega alcuni esemplari monumentali: i Platani seicenteschi della Fontana Ovale, salvati in extremis grazie al coraggio di una socia che intervenne di persona; il Leccio cinquecentesco di Viale delle Due Piramidi, oggi soprannominato “Pennellone” per la forma che ha assunto dopo le potature. Ma non sempre la fortuna basta.
La resistenza degli alberi antichi
Nonostante le ferite, Villa Borghese continua a custodire alberi che hanno visto secoli di storia. Alcuni di loro – come i Lecci cinquecenteschi dello stesso viale – sono stati salvati solo grazie alla mobilitazione dei cittadini.
“Ogni volta dobbiamo scoprire gli abbattimenti per caso”, spiegano dall’associazione. “Non c’è un piano di gestione chiaro, nessun coordinamento tra i servizi. È come se il parco fosse lasciato a se stesso”.
Nel 2010, la stessa associazione riuscì, con altre realtà, a preservare la Valle degli Antichi Platani, oggi riconosciuta come monumento nazionale. Allora, l’area era stata definita “campagna senza valore” e minacciata dagli scavi di un acquedotto municipale. Solo una battaglia civile riuscì a salvarla.
Un patrimonio in bilico
Con la perdita del Ginkgo Biloba, del Pino monumentale e di numerosi Lecci storici, il Pincio è stato sfigurato. Lo scenario è quello di una bellezza ferita: tronchi segati, ceppaie abbandonate, vuoti dove un tempo regnava l’ombra e il profumo della resina.
“Villa Borghese è sopravvissuta ai secoli, alle guerre e al disinteresse – scrivono gli Amici – ma oggi sta morendo per incuria amministrativa”.
La richiesta è chiara: nominare finalmente un Curatore di Villa Borghese, una figura unica che coordini le competenze e risponda del futuro del parco. Una proposta che l’associazione porta avanti da trent’anni, ma che si è sempre arenata davanti a interessi e resistenze burocratiche.
Trent’anni di tentativi traditi
Negli anni ’90, il Comune sembrò vicino a una svolta: era stato individuato come curatore Lauro Marchetti, celebre direttore del Giardino di Ninfa. Ma l’accordo fu silurato, “perché avrebbe intralciato troppi interessi”.
Un copione ripetuto nel 2010, con la nomina di un altro grande esperto di giardini storici: anche in quel caso, il contratto non fu mai firmato.
Oggi, mentre i platani centenari cadono e i pini romani soccombono, la voce degli Amici di Villa Borghese resta una delle poche a denunciare ciò che accade.
Un appello per Roma
“Non possiamo più essere spettatori inerti”, conclude l’associazione. “Serve un cambio di rotta, una Fondazione per Villa Borghese che ne garantisca la tutela e la rinascita, sul modello dei grandi parchi storici europei”.
Il Ginkgo del Pincio non tornerà, ma può ancora diventare un simbolo. Il simbolo di una città che deve scegliere se continuare a perdere la propria memoria, o rinascere nella consapevolezza che gli alberi non sono arredi, ma testimoni del tempo.
Roma ha perso un gigante. Ora rischia di perdere la sua anima verde.
