Roma, alla Casa del Jazz riprendono gli scavi alla ricerca del magistrato scomparso: un sacerdote: “Scavate nella ex cantina”

Roma, l'ingresso della casa del Jazz, foto Google Maps

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Roma, nel parco della Casa del Jazz, in via di Porta Ardeatina, sono ripresi gli scavi per cercare il corpo del giudice Paolo Adinolfi, scomparso nel 1994. Non è solo una vicenda di cronaca nera: è una storia che tocca la credibilità dello Stato, l’uso dei beni confiscati alla criminalità e il diritto delle famiglie alla verità. Sul posto, oltre agli inquirenti, ci sono gli artificieri, il nucleo cinofili, la sezione scientifica dei carabinieri e la Guardia di Finanza con i cani molecolari. Un dispiegamento che conferma: quei cunicoli sotterranei non sono un dettaglio, ma un possibile crocevia tra la storia della Banda della Magliana e le ombre ancora irrisolte di Roma.

Le mappe ritrovate e il sacerdote che dice: «Conosco quei cunicoli»

A dare nuova linfa alle ricerche è stato padre Domenico Celano, sacerdote degli Oblati, che ha consegnato vecchie mappe della villa risalenti al periodo precedente all’acquisto da parte di Enrico Nicoletti, l’ex cassiere della Banda della Magliana. «Quei cunicoli li abbiamo segnalati 20 anni fa», ricorda il religioso. Sotto una casina di caccia, un tempo frequentata dal banchiere Arturo Osio, esisteva una galleria in tufo, usata come cantina. Secondo Celano, dopo l’arrivo di Nicoletti sopra quell’area sarebbe stato costruito senza che nessuno controllasse più cosa ci fosse nel sottosuolo. Se quelle mappe si riveleranno accurate, potrebbero colmare un buco investigativo lungo decenni.

Villa della Banda della Magliana oggi bene pubblico: il simbolo che non può fallire

La storica villa, progettata negli anni Trenta, è passata da residenza privata a bene in mano alla criminalità, fino alla confisca nel 2001. Oggi la Casa del Jazz è uno dei simboli più visibili del riuso sociale dei beni sottratti alla malavita.

Ma proprio qui, dove si celebra la cultura, potrebbe nascondersi la prova di un delitto rimasto impunito. È un paradosso solo apparente: la capacità dello Stato di trasformare i luoghi della criminalità in spazi pubblici passa anche dalla trasparenza assoluta su ciò che è accaduto in passato. Ignorare quei cunicoli vorrebbe dire lasciare una zona grigia nel cuore di un bene che dovrebbe rappresentare l’esatto opposto.

Ricerche, cedimenti e stop: cosa non ha funzionato in passato

Una prima ispezione nei cunicoli fu disposta vent’anni fa dalla procura di Perugia, ma venne interrotta per un cedimento strutturale. Da allora tutto si è fermato. Solo il 23 ottobre scorso, grazie a una segnalazione dell’ex giudice Guglielmo Muntoni, oggi a capo dell’Osservatorio sulle politiche per il contrasto alla criminalità economica della Camera di Commercio, il caso è tornato sul tavolo del comitato per l’ordine e la sicurezza. Questa lunga pausa interroga le istituzioni: quanto tempo può passare prima che lo Stato si senta obbligato a riprendere una ricerca che riguarda un proprio magistrato scomparso? Il rischio, altrimenti, è che la giustizia sembri procedere a intermittenza.

Funghi, lavoro e legalità: il progetto sociale che incontra la verità

La ripresa degli scavi si intreccia con un progetto di inserimento lavorativo avviato da Confcooperative, che ha vinto il bando per utilizzare parte degli spazi con la coltivazione di funghi. «Non siamo intervenuti per trovare il corpo del giudice Adinolfi, ma per realizzare un progetto sociale. Se poi riusciremo a dare una risposta alla famiglia, ne saremo felici», spiegano.

È un passaggio cruciale: i beni confiscati non devono essere solo “occupati” da nuove attività, ma diventare luoghi di legalità piena, anche sul piano della memoria. Coniugare lavoro, recupero sociale e ricerca della verità rende la Casa del Jazz un laboratorio di civiltà, non solo un indirizzo prestigioso.

I figli del giudice e il diritto alla verità che riguarda tutti

Sul luogo degli scavi ci sono anche i figli del giudice, Giovanna e Lorenzo Adinolfi. La loro presenza ricorda che dietro ogni fascicolo c’è una famiglia che aspetta da anni una risposta chiara: cosa è accaduto davvero?

Ma il diritto alla verità non è solo privato. Sapere se sotto la Casa del Jazz si nascondono i resti di un magistrato scomparso significa fare i conti con il rapporto tra Roma, la sua criminalità e lo Stato. Ogni centimetro scavato è un messaggio: i buchi neri del passato non possono essere coperti da un prato curato, un concerto o un cartellone culturale. La città ha il diritto – e il dovere – di sapere.