Roma, alla Festa del Cinema 2025 arriva anche l’eco delle grandi guerre di Gaza e Kiev

La 20ª edizione della Festa del Cinema di Roma, in programma dal 15 al 26 ottobre 2025 all’Auditorium Ennio Morricone, promette di essere una delle più politiche e vibranti di sempre. Non solo tappeti rossi e anteprime glamour, ma un’arena di riflessione, dolore e resistenza. Tra il luccichio delle star e il silenzio dei red carpet, si insinua un’eco lontana ma familiare: quella delle guerre di Gaza e dell’Ucraina, due ferite ancora aperte che il cinema sceglie di guardare in faccia, senza sconti e senza retorica.
Sette film, tra documentari e opere di finzione, attraversano il conflitto armato non come semplice cronaca, ma come metafora della condizione umana. È un cinema che si sporca le mani, che rinuncia al conforto della distanza per restituire voce e corpo a chi vive – o muore – sotto le bombe.

Roma, alla festa del Cinema di Roma 2025 tra gaza e Kiev: due donne, un dialogo oltre la morte
Giovedì 16 ottobre, il pubblico romano assisterà alla prima di “Put your soul on your hand and walk”, firmato dalla regista iraniana Sepideh Farsi. Un titolo poetico per un film devastante. L’opera nasce dalle videochiamate tra Farsi e la giovane fotoreporter palestinese Fatma Hassouna, uccisa durante un bombardamento a Gaza nell’aprile 2024.
Il documentario alterna immagini d’archivio, fotografie e frammenti di notiziari, ma il vero cuore del film è la voce di Fatma: confidenze quotidiane, sogni minimi – un pranzo caldo, un frammento di normalità – narrati con una serenità che disarma. È un grido muto contro l’indifferenza. Farsi non filma la guerra, la ascolta. Trasforma l’amicizia in testimonianza, la distanza in presenza.
Israele, l’arte e la colpa
Nella stessa giornata, l’israeliano Nadav Lapid – autore da sempre controverso – presenta “Ken (Yes)”, un film che scava nel cuore nero della società israeliana post-7 ottobre. Il protagonista, un musicista jazz, riceve l’incarico di scrivere un nuovo inno nazionale dopo l’attacco di Hamas. Ma la missione si trasforma in incubo morale: come può un artista rappresentare un Paese che produce morte e censura?
Lapid sceglie un linguaggio disturbante, fatto di suoni dissonanti e immagini claustrofobiche. Nessuna consolazione, nessun eroe. Solo un uomo e il peso di una colpa collettiva. “Ken (Yes)” è il film più politico dell’anno perché osa ciò che molti tacciono: denunciare la propaganda travestita da patriottismo.
Palestina, memoria e identità
Sabato 18 ottobre arriva “Palestine 36” di Annemarie Jacir, regista simbolo del cinema palestinese. Ambientato nel 1936, durante la rivolta araba contro il dominio britannico, segue il giovane Yusuf in un viaggio che è insieme storico e spirituale. Nel film si incrociano storia, fuga, colonizzazione e speranza, in un racconto che parla del passato per interrogare il presente.
Jacir rifiuta la retorica della vittima: il suo è un cinema che rivendica dignità e memoria, che guarda alla Palestina non come teatro di guerra, ma come luogo di vita e cultura. Non a caso, “Palestine 36” rappresenterà il Paese nella corsa agli Oscar.
Gaza, ironia come resistenza
Il 24 ottobre tocca ai fratelli Tarzan e Arab Nasser con “Once upon a time in Gaza”, un film sorprendente che mescola thriller, satira e western urbano. Il protagonista, Yahya, è uno studente che per caso finisce a interpretare un eroe sullo schermo. Ma chi costruisce davvero gli eroi? E chi decide quali storie raccontare?
Tra fiction e realtà, i Nasser decostruiscono la narrazione mediatica di Gaza, mostrando la guerra come palcoscenico e spettacolo. Nessuna pornografia del dolore: solo lo sguardo ironico e disperato di chi cerca di restare umano in un mondo disumano.
Ucraina: resistere e sopravvivere
Anche l’Ucraina trova spazio e voce. Il film “Cuba & Alaska” di Yegor Troyanovsky (17 ottobre) segue due dottoresse al fronte, unite dall’amicizia e da un sogno: creare una linea di moda tra una battaglia e l’altra. Girato con bodycam e cellulari, è un film vibrante, pieno di ironia e forza vitale. Mostra il conflitto non solo come tragedia, ma come atto di sopravvivenza quotidiana.
Più cupo e viscerale è “2000 meters to Andriivka” di Mstyslav Chernov, regista del premiato “20 Days in Mariupol”. Qui la guerra è un viaggio all’inferno: droni, foreste minate, soldati intrappolati in un limbo di fango e paura. È il candidato dell’Ucraina agli Oscar, ma prima di tutto un film che riporta la guerra nel suo corpo più crudo e sensoriale.
La guerra come specchio dell’uomo
La Festa del Cinema di Roma 2025 non si limita a ospitare film: si fa campo di battaglia morale. In un mondo anestetizzato dalle immagini, questi autori rimettono in discussione il nostro sguardo. Raccontano la guerra non per spettacolarizzarla, ma per restituirle il suo volto umano. Tra Gaza e Kiev, tra arte e sopravvivenza, il cinema torna a essere ciò che dovrebbe sempre essere: un atto di resistenza.