Roma, Asl rifiuta 85mila € di cure per il bimbo autistico, stangata in Tribunale per la Regione Lazio. Sentenza di importanza nazionale

Roma, un bimbo autistico

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Roma, un bambino affetto da disturbo dello spettro autistico e due genitori che non si arrendono, giustamente, e che tengono duro come Davode contro Golia, per il bene del loro bimbo. È la storia che arriva al Tar del Lazio, dove la battaglia legale contro la Asl Roma 1 si è trasformata in una sentenza che fa rumore a livello non solo locale, ma nazionale. Il Tribunale ha condannato l’azienda sanitaria Asl Roma 1 a farsi interamente carico carico delle cure (circa 85mila euro) e a rimborsare le spese sostenute dalla famiglia. Una decisione che segna un duro colpo per la Asl Roma 1 e, di fatto, anche per la Regione Lazio, che guida le aziende sanitarie territoriali, incapaci di garantire diritti fondamentali previsti dalla legge nazionale e costituzionale.

Roma, la richiesta dei genitori del bimbo autistico

I genitori avevano chiesto alla Asl Roma 1 di attivare un trattamento riabilitativo basato sul metodo A.B.A., riconosciuto dalle linee guida dell’Istituto Superiore di Sanità come uno dei più efficaci per i disturbi dello spettro autistico. Non ricevendo risposta, la famiglia è stata costretta a rivolgersi a strutture private, spendendo quasi 86 mila euro. Da qui il ricorso al Tribunale Amministrativo, con l’assistenza dell’avvocato Giorgia Rulli.

Il muro della Asl Roma 1: No a 85mila € di cure

La risposta della Asl Roma 1 è stata netta: rigetto della richiesta, contestazione di ogni addebito e persino la messa in dubbio della legittimazione della Regione Lazio nel procedimento. Una posizione definita dai genitori e dal loro legale come assurda e contraria alle norme che garantiscono la presa in carico dei minori autistici. La Asl, in pratica, ha sostenuto che le terapie richieste non fossero dovute, scaricando la responsabilità sulla discrezionalità tecnica dei propri uffici.

La perizia indipendente del ‘caso Roma’

Il Tar, di fronte al muro di rifiuti, ha nominato un consulente tecnico d’ufficio. La perizia ha confermato in pieno le ragioni della famiglia del bimbo di Roma: il minore aveva bisogno di un percorso terapeutico più intenso e mirato, non limitato alle poche ore concesse dall’Asl. Il progetto elaborato dal CTU ha previsto 10 ore settimanali di interventi cognitivo-comportamentali, affiancate da teacher training, parent training e supervisione specialistica per almeno due anni. Una valutazione scientifica che ha spazzato via ogni pretesto dell’amministrazione.

La sentenza che fa rumore, tanto rumore a Roma ma non solo

Il Tar ha accolto il ricorso, bollando come illegittimo il piano predisposto dalla Asl Roma 1. L’azienda sanitaria è stata condannata non solo ad attuare il programma terapeutico indicato dal CTU, ma anche a rimborsare le spese già sostenute dalla famiglia, nei limiti temporali stabiliti. Inoltre, dovrà pagare le spese di lite (2 mila euro) e quelle della perizia (2.500 euro). Una stangata giudiziaria che lascia il segno, perché mette nero su bianco il diritto dei minori autistici ad avere cure adeguate e tempestive.

La stranezza della vicenda di Roma

La vicenda di Roma colpisce per un paradosso evidente: mentre le leggi, le linee guida nazionali e persino le delibere regionali impongono l’erogazione di trattamenti scientificamente validati per i minori autistici, l’Asl Roma 1 ha scelto di non intervenire, costringendo i genitori a una lunga e dolorosa causa. Una decisione incomprensibile, che ha lasciato per anni un bambino senza le cure garantite per legge. Solo l’intervento del giudice ha riportato la situazione nei binari della giustizia e della dignità.

Implicazioni per il futuro di tutta Italia

La sentenza non riguarda soltanto un singolo bambino di Roma. Potrebbe aprire la strada a decine di ricorsi simili in tutto il Lazio e in Italia, dove le famiglie si trovano spesso nella stessa situazione: costrette a pagare di tasca propria cure che dovrebbero essere garantite dal Servizio sanitario nazionale. Il messaggio ai dirigenti della sanità è chiaro: i diritti dei minori non sono negoziabili.

Una vittoria di civiltà, speriamo Asl e Regione non impugnino la sentenza: serve rispetto per bimbo e famiglia

Per i genitori del minore di Roma, questa sentenza è una vittoria di civiltà. Dopo anni di spese, sacrifici e umiliazioni, hanno ottenuto il riconoscimento che chiedevano: il diritto del loro bambino a cure adeguate. Per la Regione Lazio e la Asl Roma 1, invece, resta l’onta di un processo perso e la condanna a risarcire una famiglia che non avrebbe mai dovuto arrivare in tribunale per ottenere ciò che le spettava. Asl Roma 1 e Regione Lazio hanno facoltà di presentare ricorso contro tale sentenza di primo grado ma, in tutta sincerità, speriamo non lo facciano e che procedano eseguendo quanto richiesto dai giudici amministrativi.