Roma, Atac senza rappresentanze sindacali da 10 anni: il caso sbarca (finalmente) in Campidoglio
Roma, dieci anni senza elezioni delle rappresentanze sindacali in Atac. Un vuoto che non è solo burocratico: significa che chi guida autobus, metro e tram non può scegliere i propri delegati ai tavoli dove si decidono turni, sicurezza, carichi di lavoro, organizzazione del servizio. Un’anomalia tanto più grave perché riguarda l’azienda pubblica che dovrebbe garantire il diritto fondamentale alla mobilità di milioni di romani. Nel frattempo, Roma resta ostaggio di corse soppresse, mezzi affollati, guasti cronici, scippi e poca sicurezza. Eppure, su questo ‘buco nero‘ della ‘democrazia interna’, per anni è calato un silenzio quasi imbarazzato, rotto solo ora dall’arrivo della vicenda in Aula Giulio Cesare.
Roma, il consigliere Carpano rompe il silenzio istituzionale attorno a Atac
A portare la questione in Campidoglio è l’interrogazione n. 456 del consigliere capitolino Francesco Carpano. Nel testo chiede conto della “mancata indizione, da oltre 10 anni, delle elezioni delle rappresentanze sindacali all’interno di Atac S.p.A.”. Il caso arriverà in Assemblea Capitolina nelle sedute già fissate: martedì 25 novembre 2025 (dalle 14 alle 18) e giovedì 27 novembre 2025 (dalle 9.30 alle 15). Dopo mesi di silenzi, la domanda che nessuno voleva sentirsi rivolgere entra ufficialmente nell’ordine dei lavori: perché nella principale azienda del trasporto pubblico romano, da un decennio, non si vota più?
Raggi, Gualtieri e la democrazia aziendale “congelata”
In questo decennio, al Campidoglio si sono alternati due sindaci che amano definirsi progressisti: Virginia Raggi e Roberto Gualtieri. Programmi pieni di parole come “partecipazione”, “trasparenza”, “diritti dei lavoratori”. Poi però, su Atac, il tasto “elezioni sindacali” sembra essere rimasto bloccato su “rimandiamo”. È la nuova frontiera della governance: celebrare il lavoro nei discorsi ufficiali, ma dimenticare di far votare chi il lavoro lo svolge davvero. Il paradosso è che tutto ciò avviene in una partecipata pubblica controllata proprio dal Comune. Un luogo dove la democrazia, sulla carta, dovrebbe essere di casa e non un optional soggetto a scadenza decennale.
La Capitale degli scioperi… ma muta su Atac
Roma è la città che si ferma regolarmente per proteste sindacali di ogni genere: trasporti, scuola, sanità, rifiuti. Cortei, striscioni, megafoni: tutto giusto, per carità. Ma su Atac, un’azienda simbolo, si è preferito il religioso silenzio. E così convivono due Rome: quella degli slogan sulla “centralità del lavoro” e quella dove per dieci anni nessuno trova il tempo di fissare una data per le elezioni dei rappresentanti dei lavoratori. Paradosso perfetto: si blocca la città per difendere i diritti, ma si sorvola su quelli da esercitare dentro casa propria, nelle partecipate pubbliche.
I sindacati come presidio di legalità (quando ci sono)
Ed è qui che la storia si fa ancora più strana. Perché, al netto delle critiche legittime, i sindacati nelle aziende pubbliche restano un presidio di legalità e trasparenza: vigilano su turni, sicurezza, appalti, contratti, segnalano anomalie e abusi. Proprio per questo il silenzio su Atac pesa come un macigno. In una città dove la parola “legalità” campeggia nei programmi elettorali di tutti, lasciare per anni congelato il voto sindacale in una delle principali aziende pubbliche non è solo un’anomalia burocratica: è un messaggio politico.
Ora che il caso sbarca in Campidoglio, almeno una cosa è chiara: qualcuno dovrà finalmente spiegare (si spera) perché, in dieci anni, nessuno abbia trovato cinque minuti per far votare chi ogni giorno tiene in piedi il trasporto pubblico romano.