Roma, bandi sui distributori nelle scuole come gli stabilimenti di Ostia: il Tribunale ordina (di nuovo) di mostrare tutte le carte

Roma, sullo sfondo un classico distributore automatico, in primo piano il sindaco Gualtieri e il suo braccio destro in Città Metropolitana Pierluigi Sanna

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Roma, a pochi giorni dalla clamorosa ordinanza del Tar del Lazio che ha imposto al Campidoglio di consegnare integralmente, senza oscuramenti, gli atti del maxi-bando balneare per 31 concessioni di Ostia, arriva una nuova doppia battuta di arresto la Città Metropolitana di Roma, Ente pubblico quest’ultimo guidato sempre dal sindaco Gualtieri e dal suo vice Pierluigi Sanna. In soldoni, il Tribunale – con due ordinanze urgenti di oggi 10 novembre – ha ordinato alla Città Metropolitana di mostrare tutte le carte sui vincitori di due bandi entro 30 giorni.

Questa volta il doppio contenzioso non riguarda il litorale, ma le scuole pubbliche. Due bandi per l’installazione e gestione di decine e decine di distributori automatici di bevande e snack negli istituti superiori della provincia di Roma. Due bandi apparentemente marginali, ma che in realtà attengono a concessioni pubbliche, spazi scolastici, costi per gli studenti e scelte che coinvolgono la quotidianità di migliaia di famiglie. Ciò che accomuna Ostia e le scuole di Roma e provincia è un messaggio che il Tribunale ripete, limpido, da più di qualche mese: quando si gestisce denaro pubblico o beni pubblici, la trasparenza non è mai un optional. Eppure Roma e la Città Metropolitana continuano a rispondere, alle richiesta di accesso agli atti, con resistenze, dinieghi, oscuramenti, privacy. Il risultato, ancora una volta, è che devono essere i giudici a ricordare all’amministrazione le regole fondamentali.

Le due ordinanze: accesso negato, TAR interviene

Le due ordinanze di oggi 10 novembre del Tribunale riguardano, in particolare, le gare per i distributori automatici del Liceo Scientifico “Ignazio Vian” di Bracciano e Anguillara Sabazia e dell’Istituto “Via di Saponara 150” a Roma. Due società, inizialmente escluse dalla gara per presunte difformità nel contratto di lavoro applicato al personale, avevano chiesto alla Città Metropolitana di Roma di accedere ai documenti dell’operatore economico risultato aggiudicatario, per verificare la correttezza della valutazione effettuata dalla Stazione Unica Appaltante.
La Città Metropolitana aveva però negato gli accessi sostenendo che, essendo le imprese escluse, non avessero più un interesse diretto e attuale a visionare gli atti. Una motivazione che il Tar Lazio non ha accolto: le esclusioni sono attualmente oggetto di ricorso e, inoltre, le società hanno impugnato anche l’aggiudicazione. Dunque l’interesse è non solo attuale, ma determinante ai fini della propria difesa, secondo i giudici. In entrambi i casi, i giudici ordinano alla Città Metropolitana di consegnare la documentazione entro trenta giorni.

Una prassi che si ripete: l’accesso agli atti trattato come un favore

La questione non è solo tecnica, ma sistemica. La legge garantisce ai partecipanti a una gara pubblica pieno accesso agli atti necessari a verificare la correttezza della procedura. Eppure la risposta delle amministrazioni coinvolte, a Ostia come nelle scuole della Città Metropolitana, sembra seguire una logica opposta: contenimento, ‘riservatezza’, interpretazioni restrittive.
Il Tar, richiamando il principio espresso anche nel caso balneare, chiarisce che la privacy non può diventare lo scudo per impedire la verifica delle gare pubbliche. La trasparenza prevale, perché tutela non solo l’interesse del ricorrente, ma l’interesse collettivo a un’amministrazione credibile, controllabile, aperta, che non ha nulla da nascondere.

Perché il tema riguarda tutti: scuola, soldi e spazi pubblici

La gestione dei distributori automatici può sembrare un dettaglio nella vasta macchina amministrativa della Capitale. Ma, come evidenziano le ordinanze, questi bandi definiscono chi guadagna attraverso la presenza nelle scuole, a quali condizioni lavorano gli addetti, quale prezzo pagano gli studenti per una bottiglietta d’acqua.
C’è anche una questione di concorrenza tra imprese: senza trasparenza, il rischio è che si favorisca chi gode di prossimità, relazioni, consuetudini. La pubblica amministrazione non può essere un fortino dalle finestre chiuse.

Il precedente di Ostia pesa: la “politica del segreto” non regge in Tribunale

Il Campidoglio e la Città Metropolitana appaiono ripiegate su una gestione burocratica autoreferenziale, dove la trasparenza viene percepita come una richiesta fastidiosa, non come un obbligo democratico.
Il Tar però ribalta ancora una volta la prospettiva: i documenti non appartengono a chi li produce, ma alla collettività. I bandi non sono proprietà amministrativa, ma atti pubblici. Non è l’opposizione politica a dirlo, ma la giustizia amministrativa.

Una lezione istituzionale (che si ripeterà finché non verrà compresa)

Le due ordinanze non chiudono i contenziosi, ma aprono un passaggio cruciale: senza i documenti, non è possibile valutare la legittimità delle esclusioni né dell’aggiudicazione. L’udienza è rinviata e le amministrazioni dovranno consegnare tutto.
Il punto vero è un altro: continuare a negare trasparenza significa continuare a perdere credibilità, tempo, risorse e fiducia pubblica. Se Ostia è il mare della città, le scuole sono la sua spina dorsale.
E non esiste futuro amministrativo dove la trasparenza è un obbligo da eludere. Roma deve aprire i cassetti. Perché una città pubblica, lo è fino in fondo.