Roma, blitz a Ponte di Nona: sgomberato il “Villaggio Falcone”, l’ex Punto Verde Qualità torna “libero”
Roma, a Ponte di Nona, nell’area di “Villaggio Falcone” in via Don Primo Mazzolari, è scattato un intervento che Roma conosce fin troppo bene: ripristino “di legalità e decoro” in un pezzo di città rimasto troppo a lungo terra di nessuno. L’ex Punto Verde Qualità — proprietà di Roma Capitale — risultava occupato senza titolo da un uomo di 46 anni.
Questa mattina la Polizia Locale di Roma Capitale, VI Gruppo Torri, è intervenuta sul posto insieme al personale Ama. Obiettivo: liberare l’area e bonificarla. Nel corso dell’operazione sono stati rimossi suppellettili, masserizie, residui alimentari, oggetti e rifiuti accatastati dentro e intorno alla struttura, trasformata di fatto in un rifugio improvvisato e in una piccola discarica domestica.
L’identificazione e il passaggio a Ponte Galeria
L’uomo è stato denunciato dagli agenti per occupazione abusiva. Essendo privo di documenti, è stato accompagnato per le procedure di identificazione. In quella fase, secondo quanto comunicato, sarebbero emersi numerosi precedenti penali e due decreti di espulsione. Da qui la decisione di accompagnarlo al Centro di permanenza per i rimpatri di Ponte Galeria.
È un epilogo che accende inevitabilmente il dibattito: per una parte dell’opinione pubblica è la prova della necessità di “fare pulizia”; per un’altra è l’ennesimo episodio in cui l’emergenza sociale viene trattata solo come questione di ordine pubblico.
Il punto politico: “decoro” come parola d’ordine nelle periferie
La cronaca è semplice, la politica no. Perché a Roma — soprattutto nelle periferie — “legalità” e “decoro” diventano spesso le uniche parole spendibili quando il resto non arriva: manutenzione, servizi, spazi pubblici, presidi sociali. Il risultato è che ogni intervento di sgombero finisce per essere anche un messaggio: lo Stato c’è, ma ci arriva a sirene spiegate, non con un progetto.
E “Ponte di Nona” è uno di quei nomi che, nel dibattito cittadino, tornano sempre quando si parla di quartieri cresciuti velocemente, con bisogni enormi e risposte che arrancano.
Il caso PVQ: da progetto urbano a terreno di scontro
In teoria, i Punti Verde Qualità dovevano essere un patto virtuoso: aree verdi recuperate e mantenute grazie a soggetti che investono e offrono servizi al territorio. In pratica, col passare degli anni, molti di quei luoghi sono diventati l’opposto: contenziosi, strutture chiuse, spazi inutilizzati, promesse evaporate. E quando un posto resta vuoto, si trasforma inevitabilmente in calamita: prima per il degrado, poi per occupazioni e micro-discariche.
“Villaggio Falcone” finisce dentro questa storia: non solo un edificio occupato, ma il simbolo di un modello che, in troppi casi, non ha retto.
Sicurezza o comunità? La partita vera inizia dopo lo sgombero
Il nodo, ora, non è tanto l’operazione in sé. Il nodo è il dopo. Perché se l’area resta abbandonata, il copione è già scritto: oggi si libera, domani si rientra, dopodomani si richiama l’intervento. Una spirale che alimenta frustrazione e rabbia, e che permette alla politica di campare di slogan: “tolleranza zero” contro “accoglienza”, senza mai arrivare al punto.
La domanda che conta, per i residenti, è una sola: quel luogo tornerà a essere qualcosa di utile — sport, socialità, verde vero — oppure resterà l’ennesimo vuoto urbano pronto a diventare di nuovo un problema? Perché a Roma, soprattutto in periferia, la differenza tra sicurezza e degrado spesso passa da una parola semplice: presenza. E la presenza non si fa con un blitz. Si fa con una scelta.