Roma, Campidoglio condannato sul ‘doppio senso’ di Fonte Meravigliosa e a rischio commissariamento, dopo il caso Black Point di San Basilio

Sullo sfondo, l'area di Roma, quartiere Fonte Meravigliosa, a due passi dall'Eur, foto Google Maps, in primo piano sindaco Gualtieri e assessore Patanè

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Roma, non è bastato il dietrofront al Black Point di San Basilio per salvare il Campidoglio da un’altra sonora bocciatura ma questa volta non dei cittadini, ma dei giudici del Tar del Lazio. Oggi, 8 ottobre, il Tribunale Amministrativo del Lazio ha condannato il Campidoglio per aver violato — anzi, eluso, così riporta il documento giudiziario — una sentenza precedente, rimasta lettera morta. Al centro dello scontro, ancora una volta, la viabilità: il “doppio senso” di circolazione imposto nel quartiere Fonte Meravigliosa, nel IX Municipio: parliamo, in particolare, di “Via del Casale Zola – Via Riccardo Forster – così riportano le carte -istituzione doppio senso di circolazione”. Un immobilismo politico-istituzionale, quello del Campidoglio, che i giudici del Tar hanno giudicato in palese contrasto con una loro stessa sentenza, emessa appena sette mesi fa.

Il Comune di Roma, in sostanza, avrebbe rifatto – secondo i giudici – lo stesso errore due volte e questa volta il Tribunale ha perso la pazienza. Nella sentenza si legge che la nuova determinazione dirigenziale del 3 aprile 2025 “viola il giudicato – spiegano nel dettaglio i giudici – e ignora le criticità già accertate: carreggiate troppo strette, banchine non pavimentate e un traffico stimato in 900 veicoli l’ora in una strada “nata come via di cantiere agricola”.

Roma, i ricorrenti: romani contro il gigante Campidoglio

A trascinare il Campidoglio in Tribunale è stato un gruppo agguerrito di residenti e attivisti, capitanati da Antonino Macrì Pellizzeri e dal Comitato C.A.Sa.Le. – Cittadini per Ambiente, Salute e Legalità, insieme a decine di firmatari tra cui Francesca Olivieri, Sabina Soldi, Anna Puliafito, Fulvio Giordani, Laura Antonini, Luigi Improta e molti altri.

Difesi dagli avvocati Raffaele Izzo e Livio Michele Listanti, i cittadini hanno denunciato la “manifesta elusione del giudicato” da parte di Roma Capitale. Il Comune di Roma aveva cercato di giustificarsi con nuove perizie e pareri tecnici inconsistenti, secondo i magistrati. Ma il Tar non ha creduto alle sue spiegazioni, ritenendo che l’amministrazione Gualtieri abbia semplicemente riscritto la vecchia decisione, ignorando le ragioni già accolte in precedenza.

Una sentenza rimasta lettera morta: il Campidoglio non scolta nemmeno i giudici?

La storia inizia nel marzo 2025, quando il TAR Lazio annullò la prima delibera che introduceva il doppio senso di marcia tra via del Casale Zola e via Riccardo Forster, nel cuore di Fonte Meravigliosa. Quella sentenza — ormai definitiva — doveva riportare la viabilità alla situazione originaria, a senso unico.

Ma il Campidoglio, invece di rispettare il verdetto, emise pochi giorni dopo un nuovo provvedimento identico, sostenendo di aver corretto gli “aspetti formali” contestati dal giudice. Una toppa peggiore del buco: i giudici oggi parlano chiaramente di un atto “inammissibilmente elusivo”, un tentativo di “rimettere in discussione statuizioni già passate in giudicato”.

Una strada nata male e diventata un incubo

Via del Casale Zola, spiega la sentenza, “nasce come strada di cantiere in zona agricola, priva delle caratteristiche costruttive e meccaniche necessarie a sostenere flussi veicolari intensi”. Eppure, nel tempo, è diventata un by-pass strategico tra Cecchignola e Vigna Murata, scaricando sull’area residenziale di Fonte Meravigliosa un traffico “degno di un’arteria principale”.

Il doppio senso ha trasformato il quartiere in un inferno di clacson e smog. “La viabilità locale è stata piegata a esigenze interzonali”, scrive il TAR, condannando Roma Capitale a rivedere l’intera regolamentazione entro nove mesi, pena l’intervento di un commissario ad acta nominato dal Tribunale: il Direttore generale della Regione Lazio.

Il Campidoglio sotto accusa: superficialità e violazioni a Roma

La sentenza è impietosa. I giudici parlano di “argomentazioni infondate”, di “inadeguatezza tecnico-strutturale” e di un’amministrazione che “ha inteso superare le criticità rilevate nella sentenza precedente, senza affrontarle né risolverle”.

Tra le irregolarità più gravi:

carreggiate inferiori agli standard minimi di sicurezza;

banchine non pavimentate, in violazione del Regolamento Viario di Roma;

assenza di una nuova analisi del traffico aggiornata rispetto allo studio datato 2021.

Il TAR, con tono severo, ricorda che “l’utilizzo difforme di una strada non può legittimare, in assenza di adeguamenti, il suo diverso uso di fatto”.

Dal caos di San Basilio alla débâcle dell’Eur-Fonte Meravigliosa

La condanna arriva pochi giorni dopo un’altra clamorosa retromarcia del Campidoglio: quella sul Black Point di San Basilio, dove la nuova viabilità — imposta dall’Assessorato alla Mobilità — aveva provocato incidenti, ingorghi e proteste. Lì, sotto la pressione di comitati e residenti, il Comune è stato costretto a ristabilire il doppio senso di marcia su via Nomentana e via di Casale di San Basilio.

Ora, al contrario, il TAR impone al Campidoglio di rimuovere il doppio senso a Fonte Meravigliosa. Due casi speculari che raccontano la stessa storia: una gestione confusa e improvvisata del traffico urbano, dove le decisioni vengono prese e disdette nel giro di pochi mesi, senza visione e senza ascolto dei cittadini.

Il messaggio del TAR: basta con gli atti-fotocopia

Il Tribunale non lascia margini di ambiguità: Roma dovrà “riesercitare il potere amministrativo nel rispetto del vincolo conformativo” e “realizzare un nuovo approfondimento attualizzato su tutte le variabili territoriali, urbanistiche e ambientali”. In altre parole: studiare, prima di agire.

Nel frattempo, il Comune di Roma potrà adottare solo provvedimenti “provvisori e motivati”. Ma la lezione è chiara: il Campidoglio non può più permettersi di ignorare le sentenze, né di rispondere con atti-fotocopia a giudicati passati in via definitiva.

Il verdetto finale

Roma Capitale è stata condannata a pagare 2.000 euro di spese legali ai ricorrenti, oltre al rimborso del contributo unificato. Una cifra simbolica, certo, ma che pesa politicamente. Perché racconta una città che, mentre fa retromarcia a San Basilio, continua a inciampare all’Eur.

Una capitale dove la mobilità non è solo un problema di traffico, ma di rispetto delle regole. E dove, ancora una volta, a rimetterci sono i cittadini — costretti a fare ciò che il Comune di Roma avrebbe dovuto fare da solo: chiedere giustizia.