Roma, campionato mondiale di tiramisù: medaglia d’oro al Giappone, davanti a Italia e Marocco
Al World Trophy of Professional Tiramisù di Roma il Giappone ha conquistato l’oro con Aya Okada, 29 anni, incoronata maestra di un dolce che coniuga precisione e poesia. Sul podio salgono anche l’Italia, seconda con Milena Russo, e il Marocco, terzo grazie a Simon Loutid. La competizione, organizzata dalla Federazione Internazionale Pasticceria, Gelateria e Cioccolateria (Fipgc), celebra presenza scenica, tecnica e ricerca. In palio, oltre alla medaglia, c’è il riconoscimento di un linguaggio globale: il tiramisù, simbolo dell’Italia, che oggi parla accenti diversi e unisce scuole e sensibilità da ogni continente.
Aya Okada, eleganza e tecnica
Originaria della prefettura di Ishikawa, Aya Okada ha presentato un tiramisù in forma di pianoforte a coda: un’architettura precisa, essenziale, capace di mantenere armonia tra estetica e gusto. Ciliegie al maraschino e amarena impreziosiscono una composizione che ha convinto per equilibrio, pulizia aromatica e coerenza formale. L’opera non è solo virtuosismo: racconta un’idea di pasticceria dove il disegno guida la bocca, e la musica diventa metafora del ritmo perfetto tra consistenze, intensità del caffè e dolcezza misurata del mascarpone. Una vittoria che premia metodo e sensibilità visiva.
Il podio parla tre lingue
L’argento all’Italia porta la firma di Milena Russo, da Capo d’Orlando (Messina), con “Amor Misù”: rosa bulgara, caffè, lampone e pepe rosa in un dialogo di note floreali e speziate, dal temperamento mediterraneo. Il bronzo al Marocco celebra la memoria con “Nostalgia di un bambino” di Simon Loutid: bissap, vaniglia e ibisco evocano profumi d’Africa, tra affetto e identità. Tre visioni, tre geografie del gusto: interpretazioni che non tradiscono la classicità del tiramisù, ma la dilatano, dimostrando come il dolce italiano sappia accogliere culture e storie personali senza perdere la sua anima.
Dieci Paesi, un’unica passione
In gara professionisti da Italia, Francia, Australia, Giappone, Marocco, Messico, Cina, Perù, Senegal e Colombia. La platea internazionale ha confermato la centralità del tiramisù nel repertorio mondiale, oggi terreno di confronto tra scuole tecniche e sensibilità estetiche. Non più solo “dolce iconico” da replicare, ma spunto per costruire un lessico comune tra ingredienti, consistenze e forme. La presenza di Paesi con tradizioni gastronomiche lontane testimonia l’elasticità culturale del dessert: un piatto capace di viaggiare, mutare e ispirare, senza smarrire il suo codice essenziale fatto di caffè, crema e stratificazioni.
Due prove per misurare il talento
Il regolamento ha imposto a ciascun concorrente due versioni: una classica, fedele agli ingredienti tradizionali, e una innovativa, con obbligo di includere una parte cotta, un formaggio fresco spalmabile e il caffè. Due ore il tempo a disposizione per ideare, eseguire e presentare. È qui che si distingue il professionista: capacità di organizzazione, rigore dei processi, pulizia dei tagli e delle stratificazioni, lucidità nella decorazione. La prova doppia non è un orpello: è il banco di realtà che misura tanto la memoria del gesto quanto la maturità creativa.
La somma che decide il podio
Il punteggio finale è stato calcolato sommando i voti delle due prove. Una scelta che premia completezza e continuità: non basta l’acuto dell’innovazione se manca la quadratura del classico, e viceversa. Ne esce un podio coerente con lo spirito del concorso: il Giappone di Okada eccelle nell’armonia, l’Italia di Russo incanta per finezza sensoriale, il Marocco di Loutid emoziona con la narrazione dei sapori. La classifica fotografa una pasticceria contemporanea che non separa tradizione e ricerca, ma le salda in un unico, credibile progetto.
La visione della Fipgc
«Questa competizione rappresenta l’essenza della pasticceria contemporanea: rispetto per la tradizione, apertura verso il mondo e desiderio di innovare senza perdere l’identità», ha dichiarato Matteo Cutolo, presidente Fipgc. Parole che suonano come manifesto: il tiramisù, simbolo italiano, diventa linguaggio universale. A Roma si è vista una generazione che studia il passato e lo proietta altrove, senza effetti speciali superflui. La cornice Fipgc garantisce metodo, standard e confronto internazionale, offrendo ai professionisti un’arena dove il talento si misura su parametri comparabili e riconosciuti.
La giuria e i criteri
A decretare i vincitori, una giuria internazionale di maestri pasticceri: Marco Paolo Molinari (presidente), Ciro Chiummo, Taizo Shibano, Nabil Barina e Francesca Speranza. I criteri hanno riguardato tecnica esecutiva, equilibrio degli ingredienti, presentazione e innovazione, con particolare attenzione a leggerezza e pulizia del gusto. È un set di parametri che invita all’essenzialità consapevole: ridurre gli eccessi, governare zuccheri e grassi, esaltare il caffè senza sovrastarlo, calibrare l’umidità dei savoiardi. Una griglia severa ma necessaria, che premia precisione e idee chiare.
Estetica, memoria e sostenibilità
La gara ha mostrato una sensibilità crescente per l’estetica funzionale: forme che non decorano soltanto, ma spiegano il sapore. Il pianoforte di Okada racconta il ritmo; “Amor Misù” orchestra fiori e spezie; “Nostalgia di un bambino” apre il cassetto dei ricordi. Accanto alla forma, emerge l’attenzione alla leggerezza, agli sprechi ridotti, al sourcing consapevole degli ingredienti. È la nuova grammatica del dolce: equilibrio nutrizionale, riconoscibilità del gusto, precisione del taglio. Un paradigma che chiede rigore, ma libera creatività e consente al tiramisù di parlare al presente.
Un patrimonio che viaggia
Il successo del World Trophy romano conferma il tiramisù come patrimonio globale, capace di unire scuole e stili senza smarrire autenticità. Dalla classicità alle variazioni d’autore, il dolce si dimostra terreno fertile per raccontare geografie, memorie e tecniche. Oggi la sfida non è reinventare a ogni costo, ma accordare la tradizione con una sensibilità contemporanea fatta di misura, estetica e trasparenza. Il podio che parla giapponese, italiano e marocchino è la fotografia di questa stagione: un’Italia che condivide il suo simbolo, e un mondo che lo rilancia con rispetto.
FOTO ITALIA A TAVOLA