Roma, cantieri ‘infiniti’ del Giubileo, via ai ristori ‘questua’: commercianti costretti alla ‘gincana burocratica’ per averli
Roma è ancora una sottospecie di cantiere a cielo aperto per i lavori del Giubileo 2025. Tra polvere, transenne e lavori che sembrano non finire mai, la fine dell’Anno Santo si avvicina veloce. Ma per chi vive e lavora nelle zone martoriate del centro — Via Ottaviano, Piazza Pia, Via dei Gracchi, Giardini di Dogali e aree limitrofe — il Giubileo ha significato soprattutto disagi causati dai cantieri ‘infiniti’ e, quindi: incassi crollati, affitti da pagare in regola e clienti spariti che, tra l’altro, sempre più spesso si affidano agli acquisti on line. E adesso, solo adesso – probabilmente in gran ritardo – arriva la risposta del Campidoglio guidato dal sindaco Roberto Gualtieri. Un “ristoro” da appena 400mila euro totali, una somma che sarà gestita dal Municipio I guidato da Lorenza Bonaccorsi, la minisindaca del entro città. Una cifra che, spalmata tra decine di attività strozzate dai cantieri, sa più di ‘questua’ amministrativa che di sostegno economico.
Gualtieri: grandi opere, piccoli ristori
Il sindaco Gualtieri, impegnato a presentare Roma come capitale mondiale del pellegrinaggio e della modernità, parla di “investimenti storici” e “riqualificazione urbana”. Ma mentre i cantieri giubilari divorano strade e marciapiedi, i commercianti di Prati e Borgo Pio si sentono abbandonati.
Il fondo da 400mila euro, previsto dal decreto della Presidenza del Consiglio e gestito localmente, rappresenta l’unica misura di compensazione annunciata da Roma Capitale. Un gesto minimo — un centesimo ogni mille spesi per i lavori — che stride con i miliardi mobilitati per opere pubbliche e infrastrutture. Un segnale politico più che un rimedio reale: una foglia di fico per dimostrare che “qualcosa si è fatto”, mentre il centro resta intrappolato nel traffico dei cantieri e delle auto.
Bonaccorsi e la “matrice del disagio”: la burocrazia come cura
La minisindaca Lorenza Bonaccorsi, ex deputata e assessora regionale, è chiamata a gestire la parte più spinosa: individuare chi ha diritto a ricevere il contributo. Il Municipio I ha approvato due delibere — la n. 55 del 18 ottobre 2024 e la n. 73 del 20 dicembre 2024 — per delimitare le aree “a disagio”.
Ma il risultato è un labirinto tecnico in perfetto stile romano: una graduatoria basata su punteggi e algoritmi, la cosiddetta “matrice di disagio”, che valuta quanto vicino è il negozio al cantiere, da quanto tempo sopporta il rumore, e quanto è calato il suo fatturato.
Un sistema che rischia di trasformare il ristoro in una gara a punti tra vittime dei lavori pubblici, mentre la Bonaccorsi promette “trasparenza e criteri oggettivi”.
In pratica, un bando che scarica sui commercianti la fatica di dimostrare quanto siano stati danneggiati dall’amministrazione stessa.
La gincana amministrativa: come ottenere ‘due spicci’
Per accedere al contributo, l’esercente deve affrontare una gincana burocratica degna del Guinness dei primati. Tutto deve passare per PEC, firmato digitalmente, in formato PDF/A, con allegati rinominati e numerati. Serve presentare le dichiarazioni IVA 2022, 2023 e 2024, dimostrare il calo di fatturato e persino certificare la distanza “in linea d’aria” dal cantiere: massimo 45 metri.
Un errore, un documento mancante o un allegato illeggibile e l’istanza verrà scartata automaticamente.
Il tutto entro le ore 12 del 4 dicembre 2025, in piena stagione natalizia.
Un’ironia amara: chi si è visto rovinare il Natale 2024 dai cantieri, dovrà passare il Natale 2025 a compilare moduli per chiedere l’elemosina al Comune.
Una Roma che chiede scusa… con un modulo che sembra un quiz della patente
Roma Capitale parla di “riconoscimento del disagio economico”. Ma il bando, nei fatti, è un esercizio di stile burocratico che serve più a dare un segnale politico che a restituire qualcosa a chi ha perso tutto.
Il contributo è a fondo perduto, sì, ma solo “nei limiti delle risorse disponibili” e fino ad esaurimento fondi.
Chi arriva tardi, resta fuori. Chi riceve qualcosa, non potrà più chiedere altri ristori per tre anni.
Insomma, Gualtieri e Bonaccorsi possono dire di aver “aiutato” i commercianti, ma senza toccare davvero il problema. Il Comune mette la firma sul disagio, non sulla soluzione.
Il centro storico come zona rossa ‘permanente’
Le aree interessate dal bando — Via Ottaviano, Via dei Gracchi, Piazza Pia, Giardini di Dogali — sono oggi una distesa di transenne e deviazioni. Negozi storici, bar, artigiani, botteghe di quartiere: tutti denunciano cali di fatturato tra il 30 e il 50%. Eppure, per Roma Capitale, la priorità resta l’immagine internazionale del Giubileo, non la sopravvivenza del suo tessuto commerciale.
Nel frattempo, Gualtieri parla di “città più moderna, più accessibile”, ma il cittadino romano vive in un labirinto di lavori infiniti. E mentre le ruspe avanzano, il Comune risponde con un bando che sembra più una presa in giro che un aiuto.
La politica del pannicello caldo
Il fondo Bonaccorsi-Gualtieri non è un piano di rilancio, ma un pannicello caldo per una città in crisi strutturale. È la fotografia perfetta di una Roma dove le grandi opere si moltiplicano, ma i piccoli esercizi muoiono in silenzio. Una capitale che promette milioni ai pellegrini e spiccioli ai suoi lavoratori.
Con il Giubileo ormai alle porte, il messaggio politico è chiaro: l’immagine prima di tutto, le persone dopo.
E per chi ogni giorno alza la serranda tra polvere e rumore, il Giubileo rischia di finire come è iniziato: come un cantiere eterno, pagato due volte — con le tasse e con la fatica di sopravvivere.