Roma, case del Comune abbandonate da vent’anni, i residenti: “Siamo esasperati”
Da Fidene a Vigne Nuove, una parte del patrimonio abitativo di proprietà del Comune di Roma versa in condizioni che i residenti definiscono “insostenibili”. Cornicioni pericolanti, tubature che perdono, tombini sprofondati e alberature non manutenute compongono un mosaico di criticità quotidiane. Le strade citate con maggior frequenza – via Quarrata e via del Passo del Turchino – sono diventate simbolo di una manutenzione che non arriva o arriva a singhiozzo. Non è la polemica politica a interessare chi abita lì: è il diritto a vivere in sicurezza, con servizi essenziali funzionanti, a guidare la richiesta di intervento.
Vent’anni di attese, pochi interventi
Gli inquilini parlano di un’attesa lunga due decenni. In questo arco di tempo, tra solleciti e segnalazioni, il quadro non sarebbe mutato in modo sostanziale. C’è chi racconta di impalcature montate e rimaste per anni, poi rimosse senza che si vedessero lavori effettivi. Una presenza che ha alimentato aspettative e che, con il passare del tempo, si è trasformata in frustrazione. L’effetto psicologico è evidente: quando la manutenzione diventa promessa non mantenuta, la fiducia si sgretola insieme agli intonaci.
Impalcature fantasma, sicurezza reale
La scena delle impalcature “a vuoto” non è solo una metafora. In contesti residenziali densi, strutture fisse e inutilizzate possono generare ombre, intralci, micro-disservizi. Ma soprattutto lasciano aperto un interrogativo: se c’erano fondi e progetti, perché non si è proceduto? Se non c’erano, perché installarle? La sicurezza non è un concetto astratto: cornicioni che si sfarinano e ringhiere corrose non ammettono rinvii. La prevenzione passa da verifiche tecniche, cronoprogrammi trasparenti e risposte operative misurabili nel tempo.
Tubature che perdono, bollette che aumentano
Le perdite idriche raccontate dai residenti non sono soltanto una scocciatura domestica. Sono costi vivi, spreco di risorse e umidità che si insinua nei muri. Dove l’acqua trova strade alternative, la salubrità degli ambienti decade. Muffe, odori, compromissioni delle superfici: il ciclo è noto e colpisce soprattutto famiglie anziane e nuclei con bambini. In un edificio pubblico, la rete idrica è un servizio essenziale: ogni giorno di ritardo nella riparazione è un giorno in cui il diritto alla casa si riduce a compromesso.
Tombini e alberi: l’esterno che diventa ostacolo
Fuori dai portoni, i problemi continuano. Tombini sprofondati e alberature non potate sono la fotografia di una manutenzione del suolo che non dialoga con i bisogni dei residenti. Un tombino fuori quota è una trappola per passeggini e anziani; un’alberatura trascurata, nelle giornate di vento, è un rischio. Sono questioni apparentemente minori, ma sommate generano una barriera quotidiana all’accessibilità, al decoro e alla sicurezza. La cura dello spazio pubblico è parte integrante della qualità abitativa.
La denuncia politica c’è, ma il punto è il servizio
Fratelli d’Italia, con il capogruppo municipale Manuel Bartolomeo, accende i riflettori sul caso, ricordando “uno stato di incuria inaccettabile” e chiedendo “interventi celeri”. È l’ennesima puntata di una vicenda che si presta alla contesa tra forze politiche. Ma il cuore della storia non è la militanza: è la capacità di dare risposte di pubblica utilità. Gli inquilini non cercano passerelle o comunicati: vogliono squadre di manutenzione, ponteggi operativi, collaudi, relazioni tecniche pubbliche e tempi certi.
Cosa serve subito: priorità chiare e cronoprogramma
Il primo passo è un sopralluogo tecnico integrato: staticità dei cornicioni, stato degli impianti idrici, verifica delle facciate e delle coperture. Serve poi un cronoprogramma pubblico, accessibile online, con tre elementi: data di avvio lavori, milestone intermedie verificabili e data di consegna. Infine, un referente unico per edificio, raggiungibile dai residenti per aggiornamenti e segnalazioni. Trasparenza e tracciabilità riducono i conflitti, aumentano la fiducia e consentono di misurare l’efficacia degli interventi.
Diritti degli inquilini: strumenti e tutele
Gli inquilini del patrimonio comunale hanno il diritto di vivere in alloggi sicuri e salubri. Possono formalizzare segnalazioni scritte, richiedere accesso agli atti su manutenzioni programmate e fondi allocati, domandare interventi urgenti per pericolo immediato. In presenza di rischi documentati, si può attivare la Protezione Civile municipale per verifiche tempestive. L’uso di canali ufficiali, con protocolli tracciati, è l’unico modo per trasformare la legittima protesta in iter amministrativi vincolanti.
Monitoraggio civico: dai reclami ai dati
La comunità può organizzarsi con un monitoraggio civico semplice e utile: mappatura fotografica delle criticità con data e geolocalizzazione, archiviazione in cartelle condivise, aggiornamenti mensili sullo stato delle segnalazioni. Un report trimestrale inviato a Municipio e Dipartimenti competenti obbliga a una presa d’atto documentata. Non è burocrazia fine a sé stessa: è uno strumento per chiudere il divario tra “si farà” e “si è fatto”, con evidenze verificabili.
Il tempo è scaduto: dalle parole ai cantieri
Le parole dei residenti sono chiare: “abbiamo aspettato troppo”. In un patrimonio pubblico, la manutenzione non è un valore aggiunto: è il minimo sindacale del servizio. Che si tratti di cornicioni, tubature o marciapiedi, la differenza tra promessa e realtà è misurata da cantieri che aprono e chiudono secondo programma. Vent’anni di attese hanno un costo sociale altissimo. Restituire sicurezza e dignità abitativa non può più essere un obiettivo futuro: deve diventare un fatto, documentato giorno per giorno.