Roma, case popolari a rischio: Ater chiede fino a 200mila euro di arretrati. “Vogliono darle ai rom”
Una “bomba sociale” lanciata nella cassetta della posta. Ater Roma ha, a partire da agosto, con un’intensificazione nelle ultime settimane, avviato un piano di recupero crediti che mette sotto pressione gli inquilini delle case popolari della Capitale, chiedendo arretrati da capogiro. Non si parla di qualche mensilità dimenticata, ma di conti accumulati su decenni, fino a importi che in alcuni casi superano i centomila euro, fino a sfiorare addirittura i duecentomila. È un attacco diretto al portafoglio di chi vive in alloggi popolari e, nel migliore dei casi, una richiesta che obbliga le famiglie a riorganizzare vite già precarie.
Secondo le stime sindacali e i dati circolati in questi giorni, le lettere interesserebbero fino a 30.000 nuclei familiari in tutta la città, con focolai di tensione a Corviale, Tor Bella Monaca, San Basilio, Quarticciolo, Primavalle e Spinaceto. A luglio è partita la prima ondata di avvisi; a novembre è prevista la seconda tranche. Chi non risponderà rischia che l’avviso si trasformi in cartella esattoriale e, nel peggiore degli scenari, in procedure esecutive.
Chi rischia davvero e cosa prevede la legge
Ater chiede gli arretrati a partire dal 1993. Tra i destinatari delle diffide ci sono assegnatari legittimi, occupanti in sanatoria e occupanti senza titolo. Per i legittimi assegnatari entra in gioco la prescrizione: il codice civile disciplina che i crediti si prescrivono dopo cinque anni dall’esigibilità, quindi le richieste anteriori al 2020 dovrebbero essere impugnabili. Per gli occupanti sanabili, la situazione è più complessa ma non impossibile. Esistono strumenti per rateizzare e per chiedere riduzioni in base al reddito. Chi invece non è mai stato registrato o non si è autodenunciato, rischia maggiormente.
Gli inquilini segnalano che l’Ater, per recuperare risorse, sembra aver applicato criteri rigidi rispetto al passato. “Sono state fatte delle rateizzazioni che vanno da 900 euro a 1.100 euro al mese. Ma a qualcuno hanno chiesto l’intero importo di 40-50.000 euro”, dichiara Salvatore Lubrano di Roma ai Romani. Per chi può dimostrare pagamenti o ricevere il beneficio della prescrizione, c’è margine di difesa. Ma la mole di lettere e la confusione diffusa rischiano di travolgere migliaia di famiglie.
Ater, dal canto suo, minimizza alcuni numeri. In un comunicato parla di circa 18.000 diffide inviate nell’ultima fase del piano e afferma di aver modulato acconti e rateizzazioni in base al reddito familiare e al tipo di assegnatario.
I sospetti dei cittadini: le case ai rom?
Nel frattempo, gruppi di cittadini e associazioni si stanno mobilitando. Volantinaggi nei mercati rionali, banchetti informativi e presidî sono nati soprattutto a Corviale e Spinaceto. A parlar chiaro è il gruppo “Roma ai Romani”, che denuncia una presunta strategia di sostituzione delle famiglie italiane con assegnazioni a nuclei rom provenienti dai campi: “Stanno cercando di mandare via gli inquilini”, afferma Salvatore Lubrano, “per poi assegnare gli alloggi provenienti alle famiglie rom dai campi nomadi che vanno smantellati”.
Ma né Ater né il Comune di Roma confermano questa ipotesi. Malgrado ciò, i cittadini ribadiscono la loro convinzione anche per gli appartamenti di Spinaceto, dove ieri è stato fatto volantinaggio. “Qui, su 15 alloggi, 14 verranno assegnati ai rom e solo uno a una famiglia italiana. Per questo, sabato prossimo torneremo al mercato, per illustrare le nostre iniziative di protesta e di vicinanza ai cittadini. E l’8 novembre ci sarà una manifestazione statica”, proseguono da “Roma ai Romani”.