Roma cede al privato il più pregiato dei suoi tesori sotterranei: via al bando

Roma, lo Stadio di Domiziano, foto Soprintendenza Archeologica

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Roma cede al privato il più pregiato dei suoi tesori sotterranei: via al bando pubblico. Tecnicamente si chiama partenariato speciale, una formula di contratto perfettamente legale, ma a conti fatti costituisce un affidamento al privato di un bene pubblico di enorme, inestimabile valore storico, culturale e archeologico. Parliamo dello Stadio di Domiziano, l’impianto sportivo sotterraneo su cui si poggia, nel senso letterale del termine, Piazza Navona.

Una struttura ipogea che la Capitale ha deciso di “mettere a bando” per la gestione, l’allestimento e la manutenzione che verranno delegati, per l’appunto, al privato. Il tutto per i prossimi 6 anni, con la formula del tre più tre.

È questo, in soldoni, quanto si legge nell’avviso pubblico appena pubblicato dal Campidoglio. Il progetto – si legge sempre tra le carte – punta sulla valorizzazione e la fruizione culturale, ma solleva anche dubbi su come e da chi verrà raccontata una pagina fondamentale della storia di Roma.

Roma ‘scarica’ al privato il più pregiato dei suoi tesori sotterranei

L’operazione si inserisce nel nuovo Codice dei Contratti Pubblici, che consente accordi di lungo periodo con soggetti esterni, purché questi si accollino tutte le spese. Tutto in regola, quindi. Una formula giuridica che, in apparenza, suona vantaggiosa per le casse pubbliche.

Ma che nei fatti affida la gestione di un sito archeologico dal valore inestimabile ad un privato su cui verrà ‘scaricato’ ogni aspetto di gestione del sito stesso: utenze, personale, manutenzione, eventi, promozione. Nessun euro speso da parte del Comune, dunque. Un solo problema: controllo e indirizzo culturale rischiano di passare in secondo piano rispetto alla sostenibilità economica della gestione del sito e, quindi, di conseguenza, allo ‘sfruttamento’ commerciale del sito stesso.

Tre anni per valorizzare (e incassare) dal tesoro della roma sotterranea

Tutto legittimo, finché si rispetta la finalità pubblica, ma in un contesto dove i bilanci culturali soffrono e i controlli sono spesso blandi, il rischio che prevalga una logica commerciale c’è tutto. Anche perché lo Stadio di Domiziano, pur essendo un sito “minore” rispetto ai grandi monumenti romani, attira migliaia di visitatori ogni anno. E costituisce uno dei siti della Roma sotterranea più conosciuti e apprezzati nel mondo. Per assurdo poniamo una semplice domanda: lo Stadio di Domiziano, nel prossimo futuro, ospiterà feste dei 18 anni, matrimoni, lauree stile discoteca o locale-pub? Al momento, non lo sappiamo.

Un tavolo (istituzionale) per tutelare a 360 gradi il gioiello della Roma sotterranea

A vigilare sull’accordo, certo, e quindi su cosa si potrà o non potrà fare, verrà istituito un cosiddetto Tavolo di Partenariato, con rappresentanti del Comune, del gestore privato e della Soprintendenza Archeologica. Sulla carta, dovrebbe servire a garantire che la direzione culturale resti saldamente in mano pubblica.

Nella pratica, sarà interessante capire quanto peso reale avrà questo organismo nelle decisioni operative. I piani annuali di attività passeranno di lì, ma il confine tra valorizzazione culturale e sfruttamento commerciale può diventare pericolosamente sottile.

Il bando aperto solo alle società

Il bando non è aperto a tutti. Possono candidarsi solo operatori economici già attivi nel settore culturale, con esperienza documentata negli ultimi tre anni. Serve l’iscrizione alla Camera di Commercio per attività affini, la regolarità in materia di sicurezza sul lavoro e l’assenza di motivi di esclusione previsti dalla legge. Requisiti che lasciano fuori piccole realtà culturali e associazioni che, pur operando da anni nella promozione del patrimonio, non hanno le spalle abbastanza larghe per sostenere da sole i costi richiesti.

Roma, la mappa dell’area in cui si trova lo Stadio di Domiziano, foto Google Maps

La Capitale tra tutela e delega, parte il bando

Non è la prima volta che Roma decide di affidare un pezzo della sua storia a gestori privati. Già in passato, la stessa formula è stata adottata per evitare l’abbandono di siti archeologici minori. Ma se da un lato si evita il degrado, dall’altro ci si interroga sul senso di uno Stato che non trova risorse per gestire direttamente il proprio patrimonio. E che si affida, ancora una volta, alla logica della concessione.

Lo Stadio di Domiziano è un simbolo della Roma imperiale, un frammento autentico della città eterna. Che oggi rischia di trasformarsi – forse – in un’attrazione a pagamento, più che in un bene collettivo.