Roma, chiuso il locale della rissa col piccone a Don Bosco: “Prime risposte del Questore, ma non basta”

Roma, chiuso il locale della rissa col piccone a Don Bosco

La saracinesca marrone abbassata e due fogli plastificati con una scritta inequivocabile: “Chiuso con provvedimento del Questore di Roma – Provvedimento di sospensione ex art. 100 T.U.L.P.S.”. È questa l’immagine che oggi racconta, più di mille parole, la nuova pagina della vicenda di via Flavio Stilicone, nel quartiere Don Bosco, a Roma.

Dopo la violenta rissa avvenuta lo scorso 17 ottobre 2025, che aveva visto un uomo ferito e scene di caos in mezzo alla strada, il Questore di Roma ha disposto la chiusura temporanea del locale coinvolto, per un periodo di 30 giorni, accogliendo di fatto le segnalazioni e le richieste dei cittadini e del Comitato di Quartiere Don Bosco – VII Municipio. Il provvedimento, richiesto dai Carabinieri della Compagnia Roma Casilina, nasce dall’esigenza di affrontare le criticità emerse al termine delle attività di indagine e raccolta informazioni.

Un provvedimento che arriva come risposta immediata alle proteste e che, per molti residenti, rappresenta un segnale di attenzione. Ma la sensazione generale, nel quartiere, è che non sia ancora abbastanza.

La chiusura del locale

Sul posto, la scena è eloquente: il bar è chiuso, i sigilli trasparenti proteggono i due avvisi ufficiali del Questore di Roma, con tanto di timbro e firma. Il provvedimento è stato adottato in base all’articolo 100 del Testo Unico delle Leggi di Pubblica Sicurezza, che consente la sospensione della licenza per motivi di ordine e sicurezza pubblica.

Secondo quanto riportato, si tratta di una chiusura temporanea motivata dagli episodi di violenza che hanno interessato il locale e la zona circostante, diventata negli ultimi mesi una vera e propria area critica per la sicurezza urbana.

Dal Comitato di Quartiere arriva la conferma e, insieme, la richiesta di fare di più. Nel post pubblicato sui social, si legge: “Prime risposte dal Questore! Chiusura temporanea del bar oggetto degli episodi della settimana scorsa! Non sono colpevoli solo i titolari del Bangladesh! Segnale importante, ma non sufficiente! Continuiamo a chiedere maggiori controlli, aumento delle forze dell’ordine e video sorveglianza! Basta degrado e basta illegalità!”

Il post riflette esattamente lo stato d’animo del quartiere: sollievo, ma anche esasperazione. La chiusura è vista come una vittoria parziale, un passo dovuto ma non risolutivo, perché — come dicono i residenti — “le serrande si possono riaprire, ma la paura resta”.

La voce del quartiere

A Don Bosco la tensione è palpabile. I cittadini chiedono controlli costanti, più presenza delle forze dell’ordine e un sistema di videosorveglianza attivo per monitorare gli episodi ricorrenti.
Molti ricordano come lo stesso locale fosse già stato chiuso in passato per motivi simili, diventando nel tempo un punto di ritrovo problematico.

“Non ce l’abbiamo con chi lavora onestamente – spiega un residente del quartiere – ma non possiamo più tollerare che la nostra strada diventi teatro di violenza ogni fine settimana. Vogliamo poter scendere a comprare il pane senza rischiare di trovarci in mezzo a una rissa.”

Le foto pubblicate sui social del Comitato mostrano una serranda sbarrata, due sigilli e un cartello bianco plastificato, simbolo di una città che prova a reagire. Ma, come molti sottolineano, la chiusura non può restare un gesto isolato. Servono azioni strutturate, controlli mirati e una presenza fissa di polizia e carabinieri per restituire sicurezza e normalità a una delle aree più densamente abitate di Roma.

Verso la manifestazione “Ora Basta”

L’insofferenza ha ormai superato il limite. Oggi, sabato 25 ottobre alle 16:30 in piazza dei Consoli, si terrà la manifestazione “Ora Basta”, organizzata proprio dal Comitato di Quartiere Don Bosco. Un appuntamento che i residenti definiscono “di civiltà”, per dire basta al degrado e alla violenza, e per chiedere un piano serio di sicurezza urbana.

“Quella saracinesca abbassata è un segnale – spiega un’altra residente – ma non possiamo accontentarci di chiudere un locale ogni volta che succede qualcosa. Vogliamo un quartiere vivo, sicuro e rispettato.”