Roma, Cicalone in Parlamento dopo il pestaggio in metro: ecco cos’ha detto durante l’audizione

Cicalone, lo youtuber romano

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Roma, dai tunnel della metro A ai palazzi della politica: Simone “Cicalone” è arrivato in Parlamento. Lo youtuber, diventato popolare con video-reportage girati tra metropolitane, stazioni e quartieri difficili, è stato ascoltato in Commissione Periferie dopo l’aggressione subita a Roma, alla stazione Ottaviano. Un salto che, fino a pochi anni fa, sarebbe sembrato improbabile: oggi invece anche le istituzioni lavorano (volenti o nolenti) dentro lo stesso ecosistema mediatico dei social, dove un video può accendere un tema più di una conferenza stampa.

Dal racconto del degrado al “caso” Ottaviano

L’audizione non nasce dal nulla. Arriva dopo l’episodio in metro che ha fatto il giro del web: secondo la ricostruzione raccontata dallo stesso Cicalone, sarebbe stato colpito con calci e pugni da un gruppo di persone, in un’aggressione rapida e violenta. E proprio qui, davanti ai parlamentari, lo youtuber sposta l’attenzione dal fatto personale a un punto più inquietante: l’effetto boomerang della visibilità.

Il messaggio è semplice e disturbante: chi vive di “contenuti” può trasformare anche la violenza in marketing. Cicalone parla di “tiktoker del malaffare”, profili che ostentano soldi, auto di lusso, vite sopra le righe, e che — secondo lui — finiscono per rendere desiderabile ciò che dovrebbe spaventare. In questo schema, il crimine non è più solo cronaca: diventa spettacolo, badge sociale, scorciatoia.

Periferie: quando lo Stato arretra, qualcuno occupa lo spazio

Nel suo intervento, Cicalone si presenta come “narratore delle periferie” e ripercorre i contenuti che lo hanno reso noto: reportage nei quartieri popolari, storie di degrado urbano, situazioni di marginalità. Il cuore del discorso, però, non è la geografia dei suoi video: è l’idea che in molti territori si sia creato un vuoto.

Un passaggio centrale riguarda le case popolari. La diagnosi è netta: sono una risorsa enorme, ma quando vengono lasciate a se stesse diventano terreno di conquista. E lì, dice, prende forza una sorta di “welfare criminale”: non servizi pubblici, non sportelli, non percorsi, ma un sistema parallelo fatto di controllo, favori, minacce, dipendenza economica e sociale. È un meccanismo che, nelle sue parole, spiega perché alcune piazze diventino intoccabili e perché tanta gente si senta “abbandonata” prima ancora che impaurita.

Crack, “zombie” e microfurti: la città che si sfalda a piccoli morsi

Poi c’è la questione droga, raccontata con immagini dure: il crack come emergenza che divora pezzi di città, dalla periferia a zone centrali e semicentrali. Cicalone descrive persone “assuefatte”, ridotte a vagare alla ricerca di una fumata, e una catena di microcriminalità quotidiana: spaccare un finestrino, rubare qualcosa, racimolare pochi euro. Non grandi colpi, ma un logoramento continuo del tessuto urbano.

Nel suo racconto entrano anche luoghi simbolo: l’Esquilino, l’area tra piazza Vittorio e Termini, le zone dove convivono movida e fragilità estrema. Ed è qui che arriva la frase destinata a fare rumore: “una vita vale 10 euro”. Non è un dato statistico, è un pugno nello stomaco. Un modo brutale per dire che, in certi contesti, la disperazione ha abbassato ogni soglia e la violenza può diventare un gesto “a tariffa”.

Il punto vero: cosa farne, oltre il video

Cicalone divide: c’è chi lo vede come un megafono necessario e chi lo accusa di esasperare i toni. Ma una cosa è evidente: intercetta un pubblico enorme, spesso lontano dai linguaggi istituzionali. E quando quel pubblico si accende, la politica ascolta.

Adesso la domanda è una sola: dalle parole nascerà qualcosa di concreto? Perché il rischio è sempre lo stesso: trasformare anche il degrado in un contenuto da consumare e poi dimenticare. Servono risposte che vadano oltre l’indignazione del momento: presenza dello Stato, servizi sociali, cura dello spazio pubblico, prevenzione, e anche una battaglia culturale contro i social dove l’illegalità, a volte, sembra “funzionare” meglio della legalità.