Roma, cinque chioschi nei Parchi sul Tevere: il Campidoglio prova a ‘salvare’ il progetto dopo mutui, cantieri bloccati e flop manutenzione

Roma, parco del Tevere

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Roma ci prova a salvare il progetto dei nuovi parchi d’affaccio sul Tevere con cinque nuovi chioschi-bar. Il Campidoglio ha avviato un bando per la fornitura e posa di chioschi prefabbricati destinati alla “valorizzazione e gestione” – così si legge tra le carte – dei parchi d’affaccio sul Tevere. Tradotto: piccole strutture pronte all’uso – pensate per servizi, presidio, ristoro e punti informativi – con l’obiettivo di evitare che le nuove aree verdi sull’ex biondo fiume che il sindaco Gualtieri vuol rendere balneabile restino belle solo nelle foto dell’inaugurazione.

I numeri (e il calendario) che spostano la promessa

I numeri danno la misura della mossa politica della Giunta Gualtieri: l’appalto vale circa 371.950 euro e la scadenza per presentare le offerte è fissata all’inizio del 2026. Più che “chioschi dal 2025”, il calendario dell’operazione porta dritto al 2026, quando – sulla carta – dovrebbe concentrarsi la fase di messa in opera.

Il caso Tiberis: mutuo, ambizione e stop improvviso

Il contesto però è quello che i romani conoscono fin troppo bene: grandi annunci e poi la realtà che presenta il conto. Il caso simbolo si chiama Tiberis, l’ex spiaggia urbana tra San Paolo e Marconi che l’amministrazione vuole trasformare in un parco d’affaccio permanente. Un progetto finanziato con mutuo da 1,2 milioni, ma finito dentro una storia tutta romana: lo stop dei lavori e la necessità di rivedere i piani dopo il ritrovamento di resti murari attribuibili a una domus romana. Cantieri fermi, tempi che slittano, e la domanda che torna sempre uguale: quanto rischia di aumentare la spesa quando il progetto va riscritto in corsa?

L’ombra di Ostia Antica: inaugurare è facile, mantenere no

E poi c’è l’altro “promemoria” che pesa come un macigno su ogni tentativo rilancio: Ostia Antica. Il parco d’affaccio inaugurato e subito finito nel mirino per manutenzione carente, verde in sofferenza, servizi insufficienti. È proprio qui che l’idea dei chioschi diventa politicamente sensibile: non è una decorazione, ma un tentativo di dare presidio e vita quotidiana a spazi che altrimenti rischiano di spegnersi. Perché il punto non è solo aprire un parco: è tenerlo vivo, pulito, sicuro e utilizzabile anche quando passa l’effetto novità.

La vera domanda: chi gestisce davvero il “dopo”?

In controluce, questo bando racconta un cambio di passo obbligato. Dopo avere investito – e promesso – un Tevere più fruibile, navigabile, con parchi che dovrebbero ricucire il fiume alla città, ora servono strumenti minimi per non lasciare tutto alla buona volontà o alle inaugurazioni “a favore di telecamera”. Il vero nodo, infatti, non è il prefabbricato in sé: è cosa ci gira attorno. Chi garantisce gestione e continuità? E chi interviene quando qualcosa si rompe? Infine chi assicura che non diventi l’ennesimo spazio lasciato a se stesso?

Banco di prova: il chiosco non basta, serve una regia

Il Campidoglio prova a rimettere in moto la macchina con una scelta pratica, quasi “da manuale”: servizi, presidio, piccoli punti di ristoro, un’idea di presenza costante. Ma la partita, a Roma, non si vince con un taglio del nastro. Si vince con la manutenzione del giorno dopo. E i chioschi, se non diventano l’ennesima scatola vuota, rischiano di essere il primo vero, severo banco di prova.