Roma, Comune responsabile dei cittadini esposti smog e rumore: “Risarcimenti e limiti a 30 km/h”
Roma, dalla Suprerma Corte di cassazione arriva una decisione destinata a segnare un punto di svolta nella gestione del traffico urbano e dell’inquinamento ambientale. Proprio la Cassazione ha confermato l’obbligo per Roma di risarcire con 10 mila euro ciascun residente esposto per anni a livelli eccessivi di rumore e polveri sottili nella zona del Foro Italico, lungo il tratto della Tangenziale. Ma la sentenza non si ferma alle compensazioni economiche. Stabilisce infatti che il Comune dovrà adottare interventi strutturali immediati per ridurre l’inquinamento acustico e atmosferico.
Il cuore della vicenda: vivere in un ambiente sano, a Roma, mission impossible
Il caso nasce dalla richiesta dei residenti di vedere riconosciuto il proprio diritto a un ambiente vivibile. Un diritto che non è solo teorico, ma trova fondamento anche nelle normative europee e nazionali che tutelano la salute e la qualità della vita quotidiana. Per anni gli abitanti della zona—traffico sostenuto, code, veicoli in accelerazione—hanno convivuto con livelli di rumore e smog oltre i limiti di legge, documentati dalle misurazioni ambientali. La conseguenza: impossibilità di tenere le finestre aperte, disturbi del sonno, peggioramento della qualità dell’aria respirata in casa.
Dalle prime sentenze al ribaltamento in Appello
Il percorso giudiziario è stato lungo. In primo grado ai cittadini erano stati riconosciuti solo 2 mila euro ciascuno, e la soluzione prospettata riguardava l’installazione a loro spese di finestre autoventilanti, senza interventi diretti sulla strada.
La Corte d’Appello ha però radicalmente modificato il quadro: ha stabilito che gli interventi principali spettano al Comune, giudicando insufficienti i lavori proposti ai privati. Da qui l’ordine di installare barriere fonoassorbenti e di abbassare il limite di velocità a 30 km/h nei tratti critici.
La conferma della Cassazione: il Comune doveva intervenire
La Cassazione ha respinto il ricorso di Roma Capitale, affermando che l’amministrazione è responsabile quando l’inquinamento supera la soglia di tollerabilità a causa di mancati interventi nella gestione del traffico. In presenza di inadempienze, la Pubblica Amministrazione può essere condannata non solo al risarcimento, ma anche ad adottare “il fare necessario” per riportare i livelli entro standard accettabili. Ciò significa che ora il Comune dovrà obbligatoriamente intervenire, con misure concrete e verificabili.
Barriere fonoassorbenti: non più un’opzione
Tra gli interventi imposti, le barriere fonoassorbenti rappresentano uno dei capisaldi della sentenza. La fascia della Tangenziale oggetto del contenzioso è caratterizzata da un flusso di auto e moto costante e ravvicinato alle abitazioni. La Corte ha riconosciuto che le semplici finestre speciali all’interno degli appartamenti non sono in grado di abbattere il problema. L’unica soluzione efficace è la riduzione del rumore alla fonte, cioè direttamente sulla strada. Queste barriere dovranno rispettare standard tecnici rigorosi per garantire una reale attenuazione dell’inquinamento acustico.
Limite a 30 km/h: una misura che diventa strutturale
L’altro intervento cruciale imposto dalla sentenza è il limite di velocità. Da anni si discute di “Zone 30” come strumento per ridurre incidenti e smog. Ora la Cassazione indica chiaramente che la velocità massima di 30 km/h non è una scelta politica, ma una misura giuridicamente necessaria in aree dove il traffico genera rumore eccessivo e polveri sottili oltre soglia.
Una riduzione della velocità comporta anche meno vibrazioni, meno emissioni di NO₂ e PM10 e un miglioramento immediato della quiete urbana.
Le misurazioni dell’Arpa: dati che pesano
Determinanti, nel percorso della causa, sono stati i rilievi eseguiti dall’Arpa nella zona limitrofa di Corso Francia. Le analisi hanno mostrato condizioni ambientali critiche, con valori costantemente vicini o oltre i limiti previsti dalla legge, a conferma delle segnalazioni dei residenti.
Questi dati hanno avuto un ruolo chiave nel dimostrare che l’inquinamento non aveva carattere sporadico, ma rappresentava una condizione cronica.
Un precedente che apre scenari in tutta Italia
La sentenza non riguarda solo Roma. Potrebbe diventare un precedente per molte altre realtà urbane italiane in cui interi quartieri convivono con livelli di traffico insostenibili.
Il principio affermato è chiaro: le amministrazioni hanno l’obbligo non solo di controllare il rispetto dei limiti, ma anche di intervenire attivamente per proteggere i cittadini quando le criticità ambientali nascono da scelte urbanistiche o gestionali insufficienti.