Roma, crollo Torre dei Conti: quali sono le cause del cedimento?
Roma, 3 novembre 2025. Mentre la città si sveglia tra i clacson e il traffico di Via Cavour, un rumore sordo spacca l’aria. Non è un tuono. È la Torre dei Conti che si sbriciola. Poche ore dopo, le prime parole dei tecnici sono lapidarie: “cedimento strutturale”.
Ma dietro quella formula fredda c’è molto di più — c’è una somma di errori, tempo e fragilità, che insieme hanno decretato la fine di un pezzo di storia romana e la vita di Octay Stroici, operaio di 66 anni rimasto incastrato per ore sotto le macerie.
Un monumento stanco, minato da secoli di ferite
La Torre dei Conti, eretta nel 1203 sopra le rovine del Tempio della Pace, era già un corpo fragile. Aveva perso metà della sua altezza dopo il terremoto del 1348, subìto secoli di spoliazioni, vibrazioni del traffico e microlesioni invisibili.
Quando sono partiti i lavori di restauro e consolidamento, la struttura portante era già provata da decenni di abbandono. Quella mattina di novembre, mentre gli operai intervenivano su un contrafforte, la pietra ha ceduto: prima un collasso esterno, poi un effetto domino interno, con il vano scala e parte del tetto trascinati giù in pochi istanti.
Gli esperti parlano di un cedimento progressivo, nato dal punto più vulnerabile: un contrafforte instabile, forse indebolito dai lavori o da vibrazioni non previste nel piano di sicurezza. La torre, semplicemente, non ha retto.
Le cause del crollo della Torre dei Conti incuria e leggerezza
Le indagini della Procura di Roma e della Sovrintendenza sono ancora in corso per accertare le cause e le eventuali responsabilità del crollo, ma una cosa è chiara: la Torre dei Conti era un monumento fragile lasciato troppo solo. Gli anni di trascuratezza, i danni mai risanati e l’assenza di monitoraggi continui hanno trasformato un restauro necessario in un pericolo annunciato.
Eppure i segnali c’erano: piccole crepe, rumori interni, porzioni di muratura già segnalate come critiche. Tutti indizi che, come spesso accade in Italia, sono rimasti nei fascicoli dei sopralluoghi, in attesa di interventi strutturali più profondi.
Quel giorno, mentre le impalcature circondavano la torre come una gabbia, la storia ha deciso di ribellarsi. Ha ricordato a tutti che il patrimonio non è eterno se lo si lascia marcire nel silenzio.
Roma, la città che dimentica di guardare in alto
Il crollo della Torre dei Conti non è solo un incidente di cantiere. È il simbolo di una città che spesso guarda altrove, distratta, convinta che le sue pietre possano reggere all’infinito. Ma le mura non sono immortali, e ogni crepa ignorata è un colpo inferto alla memoria collettiva.
Mentre si attendono le perizie definitive, resta una certezza: la Torre dei Conti non è crollata per caso. È crollata per colpa di una combinazione di degrado, sottovalutazione del rischio e lavori eseguiti su una struttura già esausta.
E così, nel cuore di Roma, un frammento di Medioevo si è staccato dal presente, ricordandoci che la storia, se non la rispetti, prima o poi si vendica.