Roma, droga dal cielo a Rebibbia: intercettato un drone con 4Kg di hashish

Un drone con 4 chili di hashish è stato intercettato nella notte dalla Polizia Penitenziaria all’esterno del Reparto G11 del carcere Nuovo Complesso di Rebibbia, a Roma. Il velivolo, avvistato mentre sorvolava l’area esterna dell’istituto, ha lanciato il carico di droga che è stato poi recuperato dagli agenti. L’episodio riaccende l’allarme sicurezza nelle carceri italiane e conferma le denunce che da tempo il Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria (SAPPE) porta avanti.
Il segretario del SAPPE Lazio, Maurizio Somma, è stato il primo a diffondere la notizia: “Questa notte, fuori dal Reparto G11 di Rebibbia, abbiamo individuato alcuni droni. Uno di questi ha sganciato 4 chili di hashish, subito sequestrati”. Un’operazione che dimostra l’efficienza del personale, ma anche l’estrema vulnerabilità del sistema penitenziario.

Non è il primo drone usato per far entrare droga e cellulari a Rebibbia
Il SAPPE denuncia da mesi l’uso dei droni come nuova strategia della criminalità organizzata per rifornire i detenuti di telefoni e stupefacenti. E il caso di Rebibbia non è isolato. Somma sottolinea che “questi episodi sono facilitati dal regime custodiale aperto, che consente maggiore libertà di movimento ai detenuti, e da gravi carenze operative che mettono a rischio la sicurezza del personale”.
L’episodio riporta alla mente il caso del carcere di Frosinone nel 2021, dove un detenuto ricevette una pistola tramite drone, poi usata per ferire tre compagni di cella. “È inaccettabile che, in uno Stato di diritto, si possa introdurre un’arma in carcere volando sopra le mura”, denuncia il sindacato.
SAPPE: “Servono droni anti-intrusione e agenti formati”
A lanciare un nuovo appello è Donato Capece, segretario generale del SAPPE: “I droni sono strumenti tecnologici avanzati ma pericolosi, se usati per fini criminali. Per questo abbiamo ottenuto la creazione di un’unità specializzata U.A.S., formata da operatori penitenziari esperti nell’uso di droni”.
Capece chiede però investimenti concreti: “Servono jammer in grado di disturbare il segnale radio dei droni, fermandoli prima che possano lanciare materiale illecito. E servono armi dedicate, come fucili anti-drone, già in uso in altri Paesi. Gli agenti devono anche frequentare corsi di aggiornamento continuo”.
Il rischio, conclude Capece, “è che si continui a inseguire le emergenze senza mai prevenirle. E in carcere, ogni errore può costare vite”.