Roma, è morto Romano Forleo, ginecologo fondatore del reparto di Ostetricia del Fatebenefratelli e senatore Dc

Romano forleo su Rai 2, in una apparizione di qualche anno fa

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È morto nella notte del 1° agosto, a Roma, Romano Forleo, uno dei più noti ginecologi italiani del secondo dopoguerra. Aveva 91 anni e una vita intensa alle spalle, spesa tra medicina, politica, impegno civile e spiritualità scout. Per venticinque anni ha diretto il reparto di Ostetricia e Ginecologia dell’ospedale San Giovanni Calibita Fatebenefratelli sull’Isola Tiberina, oggi parte del Gemelli Isola. Si stima che abbia assistito alla nascita di circa 80mila bambini, introducendo un nuovo modo di intendere la professione medica: più attento alla persona che alla sola tecnica.

Con lui, anche il ruolo del padre in sala parto smise di essere un tabù. Forleo promosse una visione partecipativa della nascita, aprendo gli spazi del reparto anche ai compagni di vita, rendendo la maternità un momento condiviso dalla coppia. Non fu solo un cambiamento di forma, ma di sostanza: il “metodo Forleo” diventò presto un riferimento nazionale.

Romano Forleo, il medico che ha cambiato la ginecologia di Roma e italiana

Romano Forleo fu un innovatore discreto ma determinato. Non cercava il protagonismo, ma il cambiamento concreto. Era un medico che sapeva ascoltare e che con gentile fermezza guidava madri e padri in un percorso che andava ben oltre il parto. Fu anche tra i primi ad affrontare i temi della sessualità e della genitorialità con approccio scientifico e umano insieme, in anni in cui certi discorsi erano ancora evitati o lasciati al margine della medicina ufficiale.

Dal 1999 al 2013 fu membro del Comitato nazionale per la bioetica, dove portò la sua esperienza di clinico e il suo rigore etico. La sua voce si fece sentire anche nel dibattito pubblico, attraverso saggi, romanzi e interventi in convegni, dove medicina, etica e impegno civile si intrecciavano.

Una breve ma intensa parentesi politica

Il suo impegno non si fermò alla medicina. Nel 1992, nel pieno della bufera di Tangentopoli, fu chiamato dal segretario della Democrazia Cristiana, Mino Martinazzoli, a guidare la sezione romana del partito, in un momento in cui nessuno voleva assumersi responsabilità. Accettò con spirito di servizio, diventando l’ultimo segretario della Dc capitolina. Nel 1993 entrò in Senato, subentrando ad Alfredo Bargi, rappresentando prima la Dc e poi il Partito Popolare Italiano.

La sua esperienza politica fu breve, appena un anno, e vissuta con amarezza. Nonostante ciò, Forleo non abbandonò mai l’idea che la politica potesse essere uno strumento di servizio, e continuò ad animare il dibattito pubblico da cittadino e da scrittore, aderendo in seguito ai Cristiano Sociali e sostenendo Romano Prodi.

Lo scout, il marito, il formatore

Romano Forleo è stato anche una figura centrale dello scautismo cattolico italiano. Fu responsabile stampa dell’Agesci e dirigente nazionale del Masci, il movimento degli scout adulti. Con la moglie Giulia, anche lei impegnata nella formazione dei capi scout, portò avanti una visione familiare e comunitaria della crescita personale. Insieme scrissero libri, parteciparono a incontri, formarono generazioni. La loro unione fu un esempio di dedizione reciproca, anche nei momenti più difficili, come quando Giulia fu colpita da una grave malattia neurodegenerativa. Romano le restò accanto fino alla fine, trattandola con la stessa delicatezza riservata alle mamme nei reparti e ai neonati appena venuti al mondo.

Una vita spesa per gli altri

Romano Forleo lascia un’eredità fatta non solo di competenze mediche, ma di umanità e spirito di servizio. Un uomo che ha saputo conciliare rigore scientifico, fede, impegno civile e attenzione alla persona. Il suo stile, improntato alla sobrietà e al rispetto, ha segnato profondamente la medicina e l’ambiente sociale e culturale romano.

Con la sua morte, Roma perde non solo un grande medico, ma un riferimento etico e umano che ha saputo tracciare un solco profondo, dentro e fuori dalla corsia d’ospedale.