A Roma Michetti lo voto. Ma qualche domanda ronza per la testa

Enrico Michetti l’ho incontrato al Tempo assieme al direttore Franco Bechis e mi ha fatto l’impressione di essere determinato a vincere le comunali di Roma.
Buon per lui e nel mio piccolo – una volta avevo i voti, oggi posso promettere giusto il mio – saprò come fare il mio dovere. Una scelta la si può condividere o meno prima che sia adottata; ma una volta decisa la candidatura, se si vuole fare squadra e se della squadra si dice di far parte, ci si batte per affermarla.

Michetti a Roma. E nelle altre città i politici?
Un problema però rimane e richiama l’approccio del centrodestra. Aver deciso Michetti – e Simonetta Matone – per Roma è stato conseguenziale ad una scelta metodologica dei leader. Nonostante la grande prevalenza nei sondaggi, la coalizione ha detto di voler puntare su candidati civici.
Eppure accadono cose strane. Finora l’unico che sembra soddisfare altrove è il candidato di Torino, Damilano. Nel capoluogo lombardo c’è casino e potrebbe spuntare il nome di Maurizio Lupi. A Bologna c’è casino e potrebbe spuntare il nome di Andrea Cangini. E per non farsi mancare nulla il casino c’è pure a Napoli, dove il civico Catello Maresca sembra non gradire i simboli dei partiti e Fdi potrebbe virare su Sergio Rastrelli, figlio del grande governatore della Campania.
La tessera della Dc…
Risultato? Il caos. Se finisce così, a doversi interrogare seriamente dovrà essere la classe dirigente politica di Roma. Perché nessuno di loro andava bene per fare il sindaco; e nemmeno il vicesindaco. Al punto che ovunque potrebbero spuntare politici, tranne che nella Capitale d’Italia.
Per carità, Michetti un’estrazione politica ce l’ha e l’ha detto anche in qualche intervista. L’unica tessera che ha avuto è stata quella della Dc. Che, francamente, non è il massimo.
Però lo voteremo perché quando lo diciamo lo facciamo. Speriamo che non tutti si pongano le nostre domande. Perché sennò bisogna dare risposte. Chiare.