Roma, finto carabiniere, truffa da 150mila euro alla moglie di Enrico Vanzina: due anni di carcere

Roma, carabinieri in azione

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Roma, una telefonata, una voce che si presenta come “carabiniere”, e l’ansia costruita con precisione: è così che, a marzo di quest’anno, Vera Burger viene agganciata nella sua abitazione a Roma mentre è in casa con un domestico. Il presunto scenario è studiato per far scattare la paura: l’interlocutore sostiene che la targa dell’auto della donna sarebbe stata duplicata e usata durante una rapina. Un dettaglio tecnico che suona credibile e che basta a mettere in allarme una persona anziana.

Il copione del finto maresciallo

Il meccanismo è quello, purtroppo noto, del “finto carabiniere”: una messinscena telefonica che sfrutta il prestigio dell’uniforme e la soggezione verso l’autorità. Secondo la ricostruzione, l’imputato insiste, guida la conversazione, alimenta il timore di conseguenze personali. C’è anche un passaggio decisivo: con un espediente riesce ad allontanare il domestico, isolando la vittima. Poi richiama e alza la posta, “riqualificandosi” come comandante di stazione e annunciando l’arrivo a casa per ritirare denaro e gioielli.

150mila euro tra contanti e preziosi

La paura diventa leva. Ed è in quel momento che la truffa si trasforma in consegna materiale: contanti, oggetti preziosi, gioielli. Il valore complessivo, come emerso, arriva a circa 150mila euro. Una cifra enorme che racconta due cose: da un lato l’abilità del raggiro, dall’altro la vulnerabilità di chi viene colpito. Non serve scassinare una porta quando si riesce a “entrare” con una telefonata e con la promessa—falsa—di risolvere un problema con le forze dell’ordine.

Una serialità che interroga lo Stato

C’è un dato che pesa sul piano dell’interesse pubblico: l’autore del raggiro viene descritto come seriale, già protagonista di una precedente truffa “sulla stessa falsariga”. Non è soltanto cronaca giudiziaria: è un segnale politico e sociale. Le truffe agli anziani prosperano dove paura, solitudine e disinformazione si intrecciano. E ogni volta che un impostore usa il nome dei carabinieri, non colpisce solo una vittima: logora la fiducia collettiva nelle istituzioni, trasformando l’autorità in strumento di ricatto.

L’arresto e la condanna

Dopo la consegna dei preziosi, la denuncia arriva quando la truffa è già stata consumata. Ma l’epilogo, in questo caso, non si ferma all’amarezza del “troppo tardi”: l’imputato, insieme a un complice (giudicato separatamente), viene arrestato. Per lui arriva quindi una condanna a due anni di carcere per il raggiro ai danni di Vera Burger, moglie dello sceneggiatore e regista Enrico Vanzina. Una risposta giudiziaria che prova a interrompere una catena, ma che da sola non basta a spezzare il modello criminale.

Cosa resta: prevenzione e responsabilità pubblica

Il punto, oggi, è trasformare casi come questo in prevenzione concreta. Le istituzioni possono fare di più con campagne capillari e messaggi ripetuti: nessuna forza dell’ordine chiede soldi o gioielli al telefono, né manda incaricati a ritirarli a domicilio. Ma c’è anche un dovere collettivo: famiglie, condomìni, assistenti, reti di quartiere. Perché la prima protezione, prima ancora della pena, è non lasciare una persona anziana da sola davanti a una voce che finge lo Stato.