Roma, Gualtieri incorona tre ‘super assessori’ ai grandi Piani edili, dopo i flop ex Snia, Mercati Generali e Case Rosse
Roma, se non è un un segnale d’allarme, poco ci manca. Con la Delibera n. 392 la Giunta Gualtieri (assente solo il sindaco Gualtieri) ha varato una nuova ‘Cabina di Regia‘ destinata a occuparsi, da qui alle prossime elezioni 2027, solo dei grandi Programmi Urbanistici di interesse strategico. L’incombenza è stata affidata a: Maurizio Veloccia, Urbanistica; Eugenio Patanè, Mobilità, Sabrina Alfonsi, Ambiente e Rifiuti. Una triade politica che accentra su di sé la gestione di Piani bloccati spesso da decenni. Per accelerare i via libera? Per renderli ‘green‘? Non è dato saperlo.
Il Campidoglio parla, tra le carte, di “semplificazione”, ma la sensazione è opposta. Dietro il linguaggio tecnico, difatti, si intravede l’ennesimo tentativo di tamponare un possibile ‘disastro amministrativo‘. La macchina dell’urbanistica romana, che troppo spesso si nasconde mediaticamente e politicamente dietro i termini di ‘rigenerazione urbana‘, si è inceppata, e questa cabina nasce evidentemente dopo mesi di fallimenti, proteste e dossier esplosivi. Ma procediamo per gradi.
Ex Snia: il lago ferito e la retorica della “rigenerazione verde”
Il primo grande schianto politico recente, del ‘modello Gualtieri‘ basato su una presunta ma in esistente ‘rigenerazione urbana‘, è l’ex Snia Viscosa, nel cuore del Prenestino. Qui, in un’area tutelata e di valore ecologico altissimo, è stato autorizzato uno studentato privato a ridosso del Lago Bullicante, nato dopo anni di abbandono post industriale.
Un progetto ‘spacciato’ politicamente e mediaticamente dalla Giunta Gualtieri come “riqualificazione sostenibile” e difeso come simbolo della nuova “città pubblica”. In realtà, si tratta di una nuova, classica lottizzazione travestita da verde, che sorgerà a ridosso delle sponde del bacino, che ha ridotto la superficie protetta e compromesso un equilibrio ambientale unico.
Le associazioni ambientaliste parlano di “greenwashing istituzionale” e accusano la Giunta di aver piegato la tutela ambientale agli interessi immobiliari. L’amministrazione ha risposto parlando di “bilanciamento tra esigenze ecologiche e funzioni urbane”. Ma la verità è semplice: il Comune di Roma ha sacrificato il suo lago simbolo per l’ennesimo progetto privato.
Mercati Generali: la riqualificazione che ha partorito un quartiere-vetrina
Il secondo atto del ‘disastro politico‘ della Giunta Gualtieri in materia di rigenerazione: i nuovi Mercati Generali all’Ostiense, della scorsa estate. Nati come manifesto della ‘rigenerazione urbana’, sono diventati il simbolo del ‘tradimento’ politico della parola “riqualificazione” e “rigenerazione”. Il progetto, in gestazione da vent’anni, è finito nelle mani del solito ”eccesso‘ immobiliare. Gli spazi per la cultura e i servizi pubblici sono evaporati, mentre verranno realizzati – su impulso della Giunta Gualtieri – 85mila metri quadrati di nuovo cemento tra uffici, centri commerciali e residenze per l’housing sociale, in un quadrante in cui il cemento non manca.
Case Rosse: la nuova periferia nata già vecchia
Il terzo caso, il più recente e controverso, è quello di Case Rosse, la maxi lottizzazione da oltre 10mila nuovi residenti nel quadrante est della Capitale voluta sempre dalla Giunta Gualtieri. Il piano, presentato come modello di sviluppo equilibrato e ‘verde’, prevede nuovi palazzi, nuove residenze, nuovi negozi, con lo scopo di ottenere dal privato circa 19 milioni di euro di compensazioni per realizzare le opere pubbliche.
Dov’è quindi la rigenerazione urbana? Dietro la narrazione ‘green‘ si nasconde, forse, anche in questo progetto, l’ennesima espansione edilizia senza rete di servizi. Il quartiere già oggi è un groviglio di traffico, carente di scuole, trasporti e sanità di prossimità. Nonostante ciò, il Campidoglio ha dato via libera a un progetto che aumenterà la pressione urbanistica senza risolvere i problemi strutturali.
Il rischio, dicono i tecnici indipendenti, è di creare una nuova periferia nata vecchia, dipendente dall’auto e isolata dai poli produttivi. Il Campidoglio parla di “città pubblica”, ma i cittadini di Case Rosse non vedono né la città né il pubblico.
Una cabina per nascondere la crisi dell’urbanistica di Roma?
Tornando alla delibera n. 392, l’atto riconosce ciò che a Palazzo Senatorio sanno da anni: piani obsoleti, tempi biblici, obiettivi superati. La cabina nasce per “assicurare coordinamento e tempestività”, ma rischia di diventare un rifugio politico più che una soluzione tecnica. Il vero nodo non è la lentezza delle procedure, ma l’incapacità di scegliere una direzione chiara: rigenerazione o rendita, tutela o espansione?
Il Campidoglio ha scelto di non scegliere, forse, per l’ennesima volta. E invece di affrontare i fallimenti, li riorganizza in un nuovo contenitore burocratico e politico, un tavolo di controllo dell’immobilismo.
Una città in ostaggio dei piani vecchi
Il documento elenca decine di Programmi Urbanistici approvati prima del 2008, molti dei quali mai realizzati, altri completamente snaturati da varianti. Sono scheletri di carta, sospesi tra tribunali, ricorsi e compensazioni mai attuate. Il Comune di Roma ammette persino di dover “indennizzare diritti edificatori senza acquisire al patrimonio le aree di pregio ambientale”. In pratica, paga i costruttori senza ottenere nulla in cambio. È la fotografia di un sistema che spende per riparare errori invece di investire per evitarli.
Roma continua a parlare di futuro, ma lo fa guardando negli specchietti retrovisori del passato.
E ogni volta che una giunta promette una “nuova governance”, una nuova “rigenerazione” urbana “green”, ma il cittadino romano sa già come andrà a finire: un’altra cabina, un’altra regia, lo stesso film già visto e rivisto che porterà solo nuovo ‘cemento’.