Roma, i romani potranno ospitare migranti regolari in casa, ma gratis: cosa prevede il bando del Campidoglio

Il Comune di Roma ha pubblicato un bando da 399mila euro per individuare un operatore che gestisca un programma di accoglienza domestica rivolto ai migranti con regolare permesso di soggiorno. Si tratta di un progetto triennale che prevede l’inserimento di persone singole o famiglie monogenitoriali all’interno di case di cittadini romani disposti ad aprire la porta di casa, senza però alcun rimborso economico.
Tre anni di accoglienza programmata a Roma
Il bando, valido fino al 22 settembre, punta a strutturare un percorso di accoglienza alternativa rispetto ai centri tradizionali. L’obiettivo è quello di coinvolgere famiglie romane che vogliano ospitare migranti per un periodo definito, accompagnandoli in un cammino verso l’autonomia abitativa e lavorativa.

L’operatore che si aggiudicherà la gara dovrà occuparsi di selezionare e sensibilizzare famiglie, tutor sociali e mentori, oltre che individuare i beneficiari da inserire nel programma. Non si tratta dunque di un semplice “collocamento”, ma di un progetto che intende modellare nuove forme di integrazione sociale.
Inclusione e autonomia come parole chiave
Dietro l’iniziativa, l’amministrazione sottolinea la necessità di promuovere percorsi di inclusione che vadano oltre l’assistenza immediata. Il servizio dovrà garantire un’accoglienza “personalizzata”, con progetti mirati a favorire l’accesso al lavoro, la formazione professionale e, nel lungo periodo, una sistemazione abitativa indipendente.
Particolare attenzione è rivolta ai giovani migranti appena maggiorenni, spesso privi di reti familiari e di strumenti per reggersi da soli. L’esperimento punta così a superare il modello dei centri collettivi e a sperimentare formule di convivenza più dirette e radicate nel tessuto sociale romano.
L’assenza di rimborsi
Il punto più controverso è però quello economico. Il capitolato di gara stabilisce chiaramente che non sono previsti contributi né rimborsi per le famiglie ospitanti. Nessun aiuto per il cibo, nessun sostegno per le bollette, nessun rimborso spese: chi sceglierà di partecipare lo farà unicamente per spirito solidale. I fondi stanziati dall’amministrazione saranno infatti interamente destinati ai servizi di inclusione rivolti ai beneficiari, come corsi, orientamento lavorativo e supporto sociale. Una precisazione netta che rischia di rendere più difficile la ricerca di famiglie realmente disponibili.
La sfida di convincere i romani
Trovare romani pronti ad aprire gratuitamente la propria casa non sarà un compito semplice. In un contesto di caro-vita, bollette alle stelle e difficoltà economiche diffuse, chiedere a famiglie comuni di farsi carico di ulteriori spese rappresenta una sfida ardua. Per questo motivo il ruolo dell’operatore selezionato sarà cruciale: dovrà non solo individuare le famiglie potenzialmente idonee, ma anche convincerle della bontà del progetto, nonostante l’assenza di qualunque compenso. Una missione che si presenta complessa, in una città già attraversata da tensioni legate alla gestione dei flussi migratori.
Un progetto pilota o un azzardo?
Il programma del Campidoglio si presenta come un esperimento ambizioso, in linea con le nuove politiche europee che spingono per modelli di accoglienza diffusa. Tuttavia, senza un incentivo economico, il rischio è che il progetto rimanga sulla carta o riesca a coinvolgere solo poche realtà fortemente motivate. La scelta di escludere qualsiasi forma di rimborso potrebbe trasformarsi nel principale ostacolo a un’iniziativa che, almeno nelle intenzioni, dovrebbe favorire integrazione e stabilità.
L’orizzonte dei prossimi mesi
Entro la fine di settembre si saprà quale operatore avrà la responsabilità di mettere in moto il programma. Poi inizierà la fase più difficile: tradurre le linee guida del bando in realtà concreta, convincendo famiglie a trasformarsi in protagoniste dell’accoglienza. Per il Comune si tratta di un banco di prova che misurerà la capacità di Roma di andare oltre i modelli emergenziali e di aprire nuove strade nel campo delle politiche sociali. Se funzionerà, potrebbe diventare un precedente. Se fallirà, resterà solo come l’ennesimo esperimento calato dall’alto, rimasto senza radici nella città reale.