Roma, il Campidoglio si ‘sostituisce’ alla Questura e chiude lo storico ristorante: il Tribunale bastona il Comune

Roma, il Campidoglio si ‘sostituisce’ alla Questura capitolina e chiude lo storico ristorante: il Tribunale bastona il Comune. Il Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio ha annullato la sospensione imposta dal Comune di Roma allo storico ristorante “L. C. S.”, realtà ristorativa molto nota nel cuore della Capitale, attiva nella centralissima via dei Coronari.
La decisione giudiziaria giunge dopo mesi di scontro legale tra le parti, culminato con la pronuncia dei giudici del 20 giugno che ha dichiarato illegittima l’ordinanza di chiusura adottata da Roma Capitale l’11 ottobre 2024 e notificata al ristorante il 14 ottobre 2024. Il provvedimento era stato motivato dalla presunta “reiterazione” di presunte violazioni al Regolamento di Polizia Urbana (DAC 43/2019).
Il Campidoglio chiude il ristorante di via dei coronari come se fosse la Questura
Il cuore della questione è istituzionale: secondo il Tribunale, il Campidoglio ha usurpato competenze che la legge affida esclusivamente al Questore. Il regolamento invocato dal Comune – in particolare l’articolo 33 della DAC 43/2019 – prevede la sospensione delle attività in caso di ripetute violazioni.

Tuttavia, per i giudici, tale previsione non ha alcun fondamento in una norma di legge nazionale o regionale.
Roma Capitale ha agito senza una base normativa adeguata, trasformando un regolamento comunale in uno strumento punitivo, senza avere l’autorità per farlo. In sostanza, ha operato al di fuori dei limiti previsti dallo Stato di diritto.
Roma, i fatti contestati e la reazione del ristorante storico
Tutto ha inizio con un sopralluogo della Polizia Locale il 19 giugno 2024: trenta avventori chiacchierano ad alta voce davanti al locale, alcuni seduti a terra. Una scena comune in centro a Roma, ma sufficiente a innescare una diffida ufficiale, recapitata il 9 settembre 2024.
Appena un giorno prima, l’8 settembre 2024, un secondo controllo documenta un assembramento simile. È quanto basta per attivare il dispositivo di chiusura previsto dal regolamento.
Ma la società proprietaria del ristorante – L. C. S. Srls – non resta a guardare e impugna immediatamente la sospensione davanti al TAR.
I giudici: nessuna legge autorizza il Comune
Nella sentenza pubblicata dopo l’udienza del 6 maggio 2025, i giudici hanno demolito punto per punto la tesi del Comune.
Secondo il TAR, una sanzione tanto grave come la sospensione di un’attività economica non può essere introdotta con un semplice regolamento comunale. Serve una legge dello Stato o della Regione.
In più, la norma utilizzata – l’articolo 17 del regolamento – obbliga i ristoratori a impedire comportamenti molesti da parte dei clienti anche fuori dal locale, senza però indicare in modo preciso quali misure dovrebbero essere adottate.
Il risultato? Una sanzione sproporzionata, illogica, afflittiva e basata su presupposti giuridici evanescenti.
Il principio di legalità al centro della decisione
Il Tribunale ha richiamato il principio costituzionale di legalità (articoli 23 e 25 della Costituzione): una sanzione amministrativa può essere imposta solo se prevista da una legge.
Un regolamento locale, privo di copertura normativa, non può decidere chi deve chiudere, quando e per quanto tempo. La sospensione è una misura punitiva e limitativa della libertà d’impresa, che richiede garanzie stringenti e un iter trasparente.
Nel caso specifico, la sospensione è stata decisa senza una reale istruttoria, senza contraddittorio, e nonostante il ristoratore avesse già adottato misure preventive come cartelli, telecamere e addetti alla vigilanza.
Un monito per tutte le amministrazioni
La decisione del TAR Lazio suona come un campanello d’allarme per tutte le amministrazioni locali.
L’attivismo normativo del Campidoglio, per quanto animato da intenzioni legittime – come la tutela della quiete pubblica – non può sconfinare in misure arbitrarie, né sostituirsi ai poteri esclusivi della Questura, come prevede l’art. 100 del TULPS.
Il Comune ha tentato di imporre regole punitive senza le necessarie garanzie costituzionali.
Il provvedimento di sospensione dell’11 ottobre 2024 è stato dunque annullato, e con esso è stato dichiarato illegittimo anche l’articolo 17, comma 2, del regolamento comunale.
Conclusione: la legalità non è un optional
Il verdetto del TAR Lazio restituisce centralità al principio di legalità. Le regole devono essere chiare, proporzionate e soprattutto legittime. Roma Capitale, nella sua ‘ansia’ di controllo, ha finito per oltrepassare i confini del proprio potere normativo.
La chiusura dello storico ristorante è stata un atto arbitrario, sanzionato dal Tribunale come tale.
La lezione è chiara: anche la Pubblica Amministrazione, quando agisce senza legge, perde.