Roma, il cantiere di piazza Navona rimosso per le feste, tradizione salva per un soffio
Roma, quando nelle scorse settimane è comparso il cantiere davanti alla facciata della Chiesa di Sant’Agnese in Agone, nel cuore della storica Piazza Navona, molti romani hanno trattenuto il fiato — e con loro le decine di famiglie che ogni anno vivono di mercatini, bancarelle e dell’evento simbolo dell’Epifania, il volo della La Befana. Ma all’ultimo minuto, grazie a una decisione dell’amministrazione capitolina, i lavori sono stati sospesi e il cantiere — che avrebbe reso impraticabile l’allestimento natalizio — verrà smantellato prima dell’1 dicembre.
Un cantiere «improvviso» per un restauro urgente — ma male programmato
Il blocco dei lavori e l’incontrollata comparsa del cantiere non sono casuali: si tratta dell’intervento, finanziato con fondi Pnrr dal Ministero della Cultura e affidato alla Soprintendenza Speciale Archeologia, Belle Arti e Paesaggio di Roma, per il restauro della cripta sotterranea della chiesa. La cripta, risalente a epoche antiche, da tempo soffre di gravi infiltrazioni d’acqua e degrado strutturale. I lavori, necessari per preservare questo pezzo del patrimonio barocco della città, avrebbero dovuto partire in primavera e concludersi entro ottobre. Invece, per ragioni non chiarite — forse problemi burocratici o di coordinamento — il cantiere è partito solo ora, con un impatto devastante sulla programmazione natalizia.
Pur condividendo l’urgenza dei lavori di conservazione, non si può non osservare l’evidente incapacità di coordinare interventi di restauro e uso pubblico della piazza: programmare l’avvio del cantiere a pochi giorni dall’inizio delle festività è stato un errore clamoroso, col potenziale di cancellare una tradizione collettiva.
Mercatini e famiglie sul filo: tra paura e incertezza
Per gli operatori che avevano vinto il bando per le bancarelle natalizie, l’improvvisa pedonalizzazione della piazza rappresentava una doccia gelata. Molti avevano già sostenuto spese per acquistare merci, allestire casette e giostre, contando sull’avvio del mercatino a partire dal 1° dicembre. Ora rischiavano ritardi, annullamenti, perdite economiche: non solo un danno economico, ma anche un colpo alla fiducia su eventi futuri.
Per la città, poi, si trattava di molto più che bancarelle: la festa della Befana non è solo folklore, ma un momento di aggregazione, socialità e identità collettiva. Vederla saltare avrebbe significato negare un pezzo di felicità ai bambini, un piccolo rituale diventato parte della tradizione romana.
Campidoglio corre ai ripari — ma resta l’amarezza
Secondo quanto annunciato, lo smontaggio del cantiere inizierà giovedì prossimo, in modo da rendere di nuovo possibile l’allestimento del mercatino entro l’inizio di dicembre.
L’auspicio è di rispettare i piani: bancarelle, luci, giostre, concertini, dolciumi, e il volo della Befana il 6 gennaio — come da tradizione — dovrebbero tornare protagonisti.
Eppure — come molti commercianti e cittadini fanno notare — la situazione resta l’ennesimo esempio di quanto a volte la tutela del patrimonio e la vita della città sembrino viaggiare su binari separati. Se lavori urgenti e restauro erano indispensabili, era altrettanto indispensabile programmare meglio e con anticipo, evitando che un progetto di conservazione diventasse un rischio per una piazza simbolo e per una tradizione attesa da generazioni.
Una lezione per il futuro: patrimonio e comunità vanno salvati insieme
Il caso dimostra che non basta che i lavori siano giustificati, servono anche tempistiche, trasparenza e coordinamento. Quando si decide di intervenire in contesti delicati come il centro storico di Roma, occorre tenere conto delle ricadute — pratiche ed emozionali — sulla comunità.
Il restauro della cripta di Sant’Agnese in Agone potrà essere importante per preservare un bene storico, ma programmare male il cantiere ha rischiato di cancellare una festa amata e un’occasione di lavoro per decine di famiglie. Romani e amministratori dovrebbero trarre da questa vicenda un monito: tutelare il patrimonio non significa sacrificare la vita della città — e viceversa.