Roma, il Comune ‘benedice’ il fotovoltaico nonostante il ‘No’ condominiale: il Tribunale bacchetta il Campidoglio

Un classico fotovoltaico come quello di cui si parla per Roma

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Un casale di grandi dimensioni in via di Grottarossa, un impianto fotovoltaico sul tetto condominiale e un Comune, quello di Roma, che chiude un occhio. È il quadro che emerge dalla sentenza del Tar Lazio, chiamato a pronunciarsi sul ricorso presentato dai condomini contro Roma Capitale.
La scintilla scoppia quando una residente decide di installare pannelli solari e altre opere edilizie – tra cui una porta-finestra con scala in ferro – dichiarando la titolarità esclusiva del tetto e delle aree interessate. Gli altri condomini contestano con forza: quelle sono parti comuni, non proprietà privata. Decidiamo noi, dicono.

La denuncia dei condomini di Roma-Grottarossa

I vicini diffidano l’amministrazione capitolina, denunciando non solo l’assenza di consenso condominiale, ma anche la demolizione di porzioni in cemento armato con rischio per la stabilità dell’edificio. Nonostante gli esposti, i sopralluoghi e le carte bollate, Roma Capitale si limita a certificare la “conformità urbanistica” dei lavori. Nessun approfondimento serio sul punto cruciale: la reale titolarità delle superfici su cui vengono eseguiti gli interventi.

La prima sentenza

Un primo ricorso, nel 2023, si chiude male per i condomini: il Tar respinge le accuse di inerzia, sostenendo che il Comune qualche verifica l’ha pur fatta. Ma resta un nodo irrisolto: può un’amministrazione approvare interventi edilizi senza accertare con rigore se il richiedente sia davvero proprietario delle aree?

Il ricorso straordinario

I condomini non mollano. Ricorrono al Presidente della Repubblica, denunciando che l’intero impianto autorizzativo si regge su dichiarazioni “non veritiere” e che il Comune ha fatto spallucce. La partita si sposta di nuovo davanti al Tar, con un procedimento che mette in luce un conflitto classico: il confine tra proprietà privata e parti comuni, ma anche i doveri di vigilanza di Roma Capitale.

La posizione del Comune di Roma

Il Campidoglio si difende: nessun obbligo di indagini complesse, nessun potere di entrare nelle dispute condominiali. Secondo l’amministrazione, spetta al giudice civile dirimere i contrasti di proprietà, mentre al Comune resta solo il compito di verificare che non vi siano abusi edilizi macroscopici. La controinteressata, dal canto suo, ribadisce la piena legittimità dei lavori: SCIA e CILAS sarebbero meri atti di comunicazione, e le verifiche sarebbero state fatte correttamente.

La bacchettata del Tar al Campidoglio

Il Tribunale amministrativo, però, bacchetta il Campidoglio. Non per la questione della proprietà del tetto – materia da giudice ordinario – ma per un punto ben più concreto: l’abbattimento di una parete in cemento armato legata al locale caldaia condominiale. Un intervento che richiedeva il nulla osta sismico del Genio Civile, ma la pratica risulta depositata solo a lavori già iniziati. Qui, sottolinea il TAR, Roma Capitale non ha svolto i controlli dovuti, limitandosi a riportare dati formali senza rispondere alle richieste della Regione Lazio.

L’ombra sul Superbonus

Sullo sfondo, l’ennesima falla del Superbonus 110%. Norme nate per accelerare gli interventi energetici hanno di fatto aperto un’autostrada ad abusi, dichiarazioni non verificate e conflitti tra vicini. Il TAR ricorda che l’amministrazione ha sì l’onere di verificare la legittimazione del richiedente, ma non può sottrarsi a controlli minimi. Il rischio, altrimenti, è che risorse pubbliche finiscano per finanziare interventi fondati su basi traballanti.

La lezione per il Campidoglio

La sentenza è chiara: Roma Capitale non può trincerarsi dietro un burocratico “non compete a noi”. Il controllo non deve trasformarsi in un’indagine civilistica infinita, ma neppure ridursi a un timbro automatico. Quando ci sono segnalazioni precise e rischi per la sicurezza, l’amministrazione deve andare a fondo.
Il messaggio è diretto: il Comune non può limitarsi a essere spettatore, deve esercitare fino in fondo i suoi poteri di vigilanza.

Un segnale per i cittadini

Il caso Grottarossa diventa così un precedente pesante per tutti i romani alle prese con i cantieri del Superbonus e con i soliti conflitti condominiali. Il TAR ha stabilito un principio di fondo: il diritto dei cittadini a un’amministrazione che controlli davvero, e non solo per finta.